L’OLIO DI GIRASOLE Estratto del romanzo “Il Maestro e Margherita” di Michail Bulgakov.
CAPITOLO PRIMO […] “Berlioz spalancò gli occhi. «A colazione... con Kant? Che assurdità sta dicendo?», pensò.- Però, - continuava lo straniero, per nulla turbato dallo stupore di Berlioz, e rivolgendosi al poeta, - non è possibile spedirlo a Solovki per il semplice motivo che da oltre cento anni egli si trova in luoghi assai più remoti, e trarlo di là è assolutamente impossibile, glielo assicuro.- Peccato! - replicò il poeta attaccabrighe.- È proprio un peccato, - confermò lo sconosciuto facendo brillare l'occhio, e continuò: Ma ecco il problema che mi preoccupa: se dio non esiste, chi dirige la vita umana e tutto l'ordine sulla terra?- È l'uomo che dirige, - si affrettò a rispondere irritato Bezdomnyj a questa domanda che, bisogna riconoscerlo, non era molto chiara.- Mi perdoni, - replicò con dolcezza lo sconosciuto, per dirigere bisogna avere un piano esatto per un periodo abbastanza lungo. Mi permetta perciò di chiederle come può l'uomo dirigere, se non solo gli manca la possibilità di fare un piano perfino per un periodo ridicolmente breve, come, diciamo, un millennio, ma non è neppure in grado di rispondere del proprio domani!- Del resto, - qui lo sconosciuto si voltò verso Berlioz, - immagini che lei si metta a dirigere, a disporre di sé e degli altri, che cominci, come dire, a prenderci gusto, ma a un tratto lei scopre di avere, he... he... un sarcoma al polmone - Qui lo sconosciuto sorrise dolcemente, come se il pensiero di un sarcoma al polmone gli facesse piacere, sì, un sarcoma... - ripeté questa sonora parola socchiudendo gli occhi come un gatto, - e la sua attività direttiva è bell'e finita!- Nessun destino, eccetto il proprio, la interessa più. I parenti cominciano a mentirle. Lei, sentendo che c'è qualcosa che non va, si precipita dai migliori medici, poi dai ciarlatani, e magari dalle chiromanti. Sia la prima cosa che la seconda e la terza sono, lei capisce, assolutamente insensate. E tutto finisce in modo tragico: colui che, ancora poco fa, credeva di dirigere qualcosa, è steso immobile in una cassa di legno, e le persone circostanti, comprendendo che dal defunto non si cava più alcun costrutto, lo cremano in un forno.- Ma succede anche di peggio: uno magari ha appena deciso di andare a Kislovodsk, - qui il forestiero guardò Berlioz strizzando gli occhi, - una cosuccia da nulla, si direbbe, ma non riesce a fare neppure quella, perché scivola e va a finire sotto un tram! Non mi vorrà mica dire che è stato lui a dirigere sé stesso in quel modo! Non sarebbe più giusto pensare che è stato qualcun altro a dirigerlo così? Qui lo sconosciuto emise una strana risatina.
Berlioz aveva ascoltato con grande attenzione lo sgradevole racconto sul sarcoma e sul tram, e certi pensieri allarmanti cominciavano a tormentarlo. «Non è un forestiero... non è un forestiero...- pensava, - è un tipo stranissimo... ma insomma chi mai può essere?» […] «Bisognerà rispondergli così, - decise Berlioz, - sì, l'uomo è mortale, nessuno lo mette indubbio. Ma il fatto è che...» Però non fece in tempo a pronunciare queste parole che lo straniero riprese a parlare: - Sì, l'uomo è mortale, ma questa sarebbe solo una mezza disgrazia. Il brutto è che a volte muore all'improvviso, è questo il guaio! E in genere non è in grado di dire che cosa farà stasera. «Che modo assurdo d'impostare il problema...», penso Berlioz e obiettò: - Via, adesso lei sta esagerando. So più o meno esattamente che cosa farò stasera. Naturalmente, se mentre passo per la Bronnaja mi cade una tegola in testa...- Una tegola, - lo interruppe gravemente lo sconosciuto, - non cadrà mai in testa a nessuno così, senza una ragione. In particolare, posso assicurarle che lei non corre affatto questo rischio. Lei morirà di un'altra morte. - Forse lei sa di quale, - s'informò Berlioz con un'ironia perfettamente naturale, lasciandosi trascinare in una conversazione veramente assurda, - e me lo vorrà dire? - Volentieri, - replicò lo sconosciuto. Misurò Berlioz con lo sguardo, come se si accingesse a fargli un vestito, borbottò tra i denti qualcosa come: «Uno, due... Mercurio è nella seconda casa... la luna ne è uscita... sei: disgrazia... sera: sette...» e annunciò con voce forte e gioiosa: - Le taglieranno la testa! Con astio e stupore Bezdomnyj spalancò gli occhi sul disinvolto sconosciuto, mentre Berlioz chiese con un sorriso forzato: - Chi, per la precisione? Nemici? Invasori? - No, - rispose l'interlocutore, - una donna russa, un membro della Gioventù comunista. - Hm... - mugolò Berlioz, irritato dallo scherzetto dello sconosciuto, - scusi, sa, ma è poco verosimile. - Mi scusi lei, - rispose il forestiero, - ma è proprio così. Ah già, le volevo chiedere che cosa fa stasera, se non è un segreto?- Non lo è. Adesso vado un momento a casa, sulla Sadovaja, poi alle dieci ci sarà una seduta al MASSOLIT, e io la presiederò.- No, questo non è assolutamente possibile, - rispose con fermezza il forestiero.- Perché?- Perché, - rispose l'altro, e con gli occhi socchiusi guardò il cielo dove, presentendo la frescura della sera, uccelli neri sfrecciavano in silenzio, - Annuška ha già comprato l'olio di girasole, e non solo l'ha comprato, ma l'ha anche rovesciato. Perciò la seduta non avrà luogo. È chiaro che a questo punto sotto i tigli subentrò il silenzio. - Scusi, - disse dopo una pausa Berlioz, guardando il forestiero che stava sragionando, - che c'entra l'olio di girasole?... e di quale Annuška sta parlando? […]
CAPITOLO TERZO […] Berlioz sussultò di nuovo. Ma come faceva quel pazzo a conoscere l'esistenza dello zio di Kiev? Questo nessun giornale l'aveva certamente mai pubblicato. Ehi, non aveva allora ragione Bezdomnyj? E se quei documenti fossero stati falsi? Oh, un tipo davvero strano!... Telefonare, telefonare subito! Avrebbero fatto presto a scoprire chi fosse! E non ascoltando oltre, Berlioz riprese a correre. Qui, proprio all'uscita sulla Bronnaja, si alzò da una panchina per venire incontro al direttore quello stesso personaggio che prima, alla luce del sole, si era plasmato dalla densa canicola. Adesso però non era più fatto d'aria, ma di carne e ossa, e nel crepuscolo incipiente Berlioz vide con chiarezza che aveva un paio di baffetti a forma di penne di gallina, occhietti piccoli, ironici, mezzi brilli, e pantaloni a quadretti tirati tanto che si vedevano i calzini bianchi sporchi. Michail Aleksandrovič indietreggiò stupito, ma si confortò pensando che si trattava di una sciocca coincidenza e che comunque non aveva tempo di rifletterci. - Cerca l'uscita, signore? - s'informò con fessa voce tenorile il tizio a quadretti. - Di qui, prego! Vada diritto, e arriverà a destinazione. Per il consiglio mi dovrebbe pagare un quartino... così l'ex maestro di cappella si tira su!... - Facendo mille smorfie quell'individuo si tolse il berretto da fantino con un ampio gesto. Berlioz non stette ad ascoltare quel vagabondo e buffone che si diceva maestro di cappella, si avvicinò di corsa verso il tornello di uscita e vi appoggiò la mano. Dopo averlo girato, si accingeva già a mettere i piedi sulle rotaie quando gli esplose in viso una luce rossa e bianca: nella cassetta di vetro si era accesa la scritta «Attenti al tram!» E subito spuntò il tram annunciato, voltando sulla nuova linea che portava dall'Ermolaevskij alla Bronnaja. Dopo che ebbe voltato e imboccato il rettilineo, all'improvviso si illuminò all'internodi luce elettrica, ronzò e accelerò. Il prudente Berlioz, benché fosse al sicuro, decise di tornare dietro il cancello, spostò la mano sul tornello e arretrò di un passo. In quell'istante la sua mano scivolò e perse l'appoggio, il piede, come se si fosse trovato sul ghiaccio, sdrucciolò inarrestabile sul selciato che scendeva declive verso le rotaie, l'altro piede volò in aria, e Berlioz fu sbalzato sulle rotaie. Tentando di aggrapparsi a qualcosa, Berlioz cadde riverso, urtando leggermente la nuca sul selciato, e fece in tempo a vedere in alto, se a destra o sinistra questo non lo capì, la luna dorata. Riuscì a girarsi sul fianco, stringendo con un movimento impetuoso le gambe alla pancia, e voltatosi, vide slanciarglisi addosso con una forza irrefrenabile il volto, completamente bianco di terrore, della conducente e il suo fazzoletto scarlatto. Berlioz non emise un grido, ma intorno a lui tutta la via strillò in un coro di disperate voci femminili. La conducente diede uno strappo al freno elettrico, la vettura s'impuntò, poi sobbalzò all'istante, e con uno schianto e un tintinnio i vetri volarono via dai finestrini.
Allora nel cervello di Berlioz qualcuno gridò disperato: «Possibile?» Ancora una volta - l'ultima - balenò la luna, ma ormai rovinando in pezzi, poi fu buio. Il tram coperse Berlioz, e, sotto il cancelletto del viale Patriaršij, sul pendio lastricato fu gettato un oggetto tondo e scuro, che rotolò giù dalla china, saltellando sul selciato. Era la testa mozzata di Berlioz. […] Si spensero le isteriche urla femminili, tacquero gli stridenti fischietti dei poliziotti, due ambulanze portarono via: l'una, il corpo decapitato e la testa tagliata all'obitorio e l'altra, la bella conducente ferita dalle schegge di un vetro, alcuni portinai dai bianchi grembiuli spazzarono via i frammenti di vetro e cosparsero di sabbia le pozze di sangue; e Ivan Nikolaevič, che si era lasciato cadere su una panchina senza arrivare fino all'uscita, vi si accasciò. Tentò più volte di alzarsi, ma le gambe non gli ubbidivano: gli era venuta una specie di paralisi. Il poeta si era precipitato verso l'uscita non appena aveva sentito il primo urlo, e aveva visto la testa saltellare sul selciato. Era talmente scosso che, lasciatosi cadere sulla panchina, si morse un amano fino a farla sanguinare. Di quel pazzo di tedesco, naturalmente, si era dimenticato e cercava di capire una cosa sola: come era possibile che avesse appena parlato con Berlioz e, un momento dopo, quella testa... Agitata, la gente correva davanti al poeta lungo il viale, gettando esclamazioni, ma Ivan Nikolaevič non percepiva le loro parole. D’un tratto, però, vicino a lui si incontrarono due donne, una, col naso appuntito e la testa scoperta, gridò all'altra queste parole proprio sopra l'orecchio del poeta: -... Annuška, la nostra Annuška! Quella della Sadovaja! Guarda che ha combinato!... Ha comperato dell'olio di girasole dal droghiere, e paf! la bottiglia le si rompe contro il cancello del giardino! Si è rovinata tutta la gonna, e tirava certi moccoli!... E lui, poverino, si vede che è scivolato ed è andato a finire sulle rotaie.”
‘Kde domov muj’? ‘Dov’è la mia patria?’ Non è un inno di guerra, non auspica la rovina di nessuno, canta senza retorica il paesaggio della Boemia con i suoi colli e pendii, le pianure e le betulle, i pascoli e i tigli ombrosi, i piccoli ruscelli. Canta il paese dove siamo a casa nostra, è stato bello difendere questa terra, bello amare la nostra patria (Milena Jesenskà)
Copenaghen
Bruxelles Louiza
“Dobbiamo pensare che ciascuno di noi, esseri viventi, è come una prodigiosa marionetta realizzata dalla divinità, per gioco o per uno scopo serio, questo non lo sappiamo." (Platone, Leggi, 1, 644e)
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L’OLIO DI GIRASOLE
Estratto del romanzo “Il Maestro e Margherita” di Michail Bulgakov.
CAPITOLO PRIMO […] “Berlioz spalancò gli occhi. «A colazione... con Kant? Che assurdità sta dicendo?», pensò.- Però, - continuava lo straniero, per nulla turbato dallo stupore di Berlioz, e rivolgendosi al poeta, - non è possibile spedirlo a Solovki per il semplice motivo che da oltre cento anni egli si trova in luoghi assai più remoti, e trarlo di là è assolutamente impossibile, glielo assicuro.- Peccato! - replicò il poeta attaccabrighe.- È proprio un peccato, - confermò lo sconosciuto facendo brillare l'occhio, e continuò: Ma ecco il problema che mi preoccupa: se dio non esiste, chi dirige la vita umana e tutto l'ordine sulla terra?- È l'uomo che dirige, - si affrettò a rispondere irritato Bezdomnyj a questa domanda che, bisogna riconoscerlo, non era molto chiara.- Mi perdoni, - replicò con dolcezza lo sconosciuto, per dirigere bisogna avere un piano esatto per un periodo abbastanza lungo. Mi permetta perciò di chiederle come può l'uomo dirigere, se non solo gli manca la possibilità di fare un piano perfino per un periodo ridicolmente breve, come, diciamo, un millennio, ma non è neppure in grado di rispondere del proprio domani!- Del resto, - qui lo sconosciuto si voltò verso Berlioz, - immagini che lei si metta a dirigere, a disporre di sé e degli altri, che cominci, come dire, a prenderci gusto, ma a un tratto lei scopre di avere, he... he... un sarcoma al polmone - Qui lo sconosciuto sorrise dolcemente, come se il pensiero di un sarcoma al polmone gli facesse piacere, sì, un sarcoma... - ripeté questa sonora parola socchiudendo gli occhi come un gatto, - e la sua attività direttiva è bell'e finita!- Nessun destino, eccetto il proprio, la interessa più. I parenti cominciano a mentirle. Lei, sentendo che c'è qualcosa che non va, si precipita dai migliori medici, poi dai ciarlatani, e magari dalle chiromanti. Sia la prima cosa che la seconda e la terza sono, lei capisce, assolutamente insensate. E tutto finisce in modo tragico: colui che, ancora poco fa, credeva di dirigere qualcosa, è steso immobile in una cassa di legno, e le persone circostanti, comprendendo che dal defunto non si cava più alcun costrutto, lo cremano in un forno.- Ma succede anche di peggio: uno magari ha appena deciso di andare a Kislovodsk, - qui il forestiero guardò Berlioz strizzando gli occhi, - una cosuccia da nulla, si direbbe, ma non riesce a fare neppure quella, perché scivola e va a finire sotto un tram! Non mi vorrà mica dire che è stato lui a dirigere sé stesso in quel modo! Non sarebbe più giusto pensare che è stato qualcun altro a dirigerlo così? Qui lo sconosciuto emise una strana risatina.
Berlioz aveva ascoltato con grande attenzione lo sgradevole racconto sul sarcoma e sul tram, e certi pensieri allarmanti cominciavano a tormentarlo. «Non è un forestiero... non è un forestiero...- pensava, - è un tipo stranissimo... ma insomma chi mai può essere?» […] «Bisognerà rispondergli così, - decise Berlioz, - sì, l'uomo è mortale, nessuno lo mette indubbio. Ma il fatto è che...» Però non fece in tempo a pronunciare queste parole che lo straniero riprese a parlare: - Sì, l'uomo è mortale, ma questa sarebbe solo una mezza disgrazia. Il brutto è che a volte muore all'improvviso, è questo il guaio! E in genere non è in grado di dire che cosa farà stasera. «Che modo assurdo d'impostare il problema...», penso Berlioz e obiettò: - Via, adesso lei sta esagerando. So più o meno esattamente che cosa farò stasera. Naturalmente, se mentre passo per la Bronnaja mi cade una tegola in testa...- Una tegola, - lo interruppe gravemente lo sconosciuto, - non cadrà mai in testa a nessuno così, senza una ragione. In particolare, posso assicurarle che lei non corre affatto questo rischio. Lei morirà di un'altra morte. - Forse lei sa di quale, - s'informò Berlioz con un'ironia perfettamente naturale, lasciandosi trascinare in una conversazione veramente assurda, - e me lo vorrà dire? - Volentieri, - replicò lo sconosciuto. Misurò Berlioz con lo sguardo, come se si accingesse a fargli un vestito, borbottò tra i denti qualcosa come: «Uno, due... Mercurio è nella seconda casa... la luna ne è uscita... sei: disgrazia... sera: sette...» e annunciò con voce forte e gioiosa: - Le taglieranno la testa! Con astio e stupore Bezdomnyj spalancò gli occhi sul disinvolto sconosciuto, mentre Berlioz chiese con un sorriso forzato: - Chi, per la precisione? Nemici? Invasori? - No, - rispose l'interlocutore, - una donna russa, un membro della Gioventù comunista. - Hm... - mugolò Berlioz, irritato dallo scherzetto dello sconosciuto, - scusi, sa, ma è poco verosimile. - Mi scusi lei, - rispose il forestiero, - ma è proprio così. Ah già, le volevo chiedere che cosa fa stasera, se non è un segreto?- Non lo è. Adesso vado un momento a casa, sulla Sadovaja, poi alle dieci ci sarà una seduta al MASSOLIT, e io la presiederò.- No, questo non è assolutamente possibile, - rispose con fermezza il forestiero.- Perché?- Perché, - rispose l'altro, e con gli occhi socchiusi guardò il cielo dove, presentendo la frescura della sera, uccelli neri sfrecciavano in silenzio, - Annuška ha già comprato l'olio di girasole, e non solo l'ha comprato, ma l'ha anche rovesciato. Perciò la seduta non avrà luogo. È chiaro che a questo punto sotto i tigli subentrò il silenzio. - Scusi, - disse dopo una pausa Berlioz, guardando il forestiero che stava sragionando, - che c'entra l'olio di girasole?... e di quale Annuška sta parlando? […]
CAPITOLO TERZO […] Berlioz sussultò di nuovo. Ma come faceva quel pazzo a conoscere l'esistenza dello zio di Kiev? Questo nessun giornale l'aveva certamente mai pubblicato. Ehi, non aveva allora ragione Bezdomnyj? E se quei documenti fossero stati falsi? Oh, un tipo davvero strano!... Telefonare, telefonare subito! Avrebbero fatto presto a scoprire chi fosse! E non ascoltando oltre, Berlioz riprese a correre. Qui, proprio all'uscita sulla Bronnaja, si alzò da una panchina per venire incontro al direttore quello stesso personaggio che prima, alla luce del sole, si era plasmato dalla densa canicola. Adesso però non era più fatto d'aria, ma di carne e ossa, e nel crepuscolo incipiente Berlioz vide con chiarezza che aveva un paio di baffetti a forma di penne di gallina, occhietti piccoli, ironici, mezzi brilli, e pantaloni a quadretti tirati tanto che si vedevano i calzini bianchi sporchi. Michail Aleksandrovič indietreggiò stupito, ma si confortò pensando che si trattava di una sciocca coincidenza e che comunque non aveva tempo di rifletterci. - Cerca l'uscita, signore? - s'informò con fessa voce tenorile il tizio a quadretti. - Di qui, prego! Vada diritto, e arriverà a destinazione. Per il consiglio mi dovrebbe pagare un quartino... così l'ex maestro di cappella si tira su!... - Facendo mille smorfie quell'individuo si tolse il berretto da fantino con un ampio gesto. Berlioz non stette ad ascoltare quel vagabondo e buffone che si diceva maestro di cappella, si avvicinò di corsa verso il tornello di uscita e vi appoggiò la mano. Dopo averlo girato, si accingeva già a mettere i piedi sulle rotaie quando gli esplose in viso una luce rossa e bianca: nella cassetta di vetro si era accesa la scritta «Attenti al tram!» E subito spuntò il tram annunciato, voltando sulla nuova linea che portava dall'Ermolaevskij alla Bronnaja. Dopo che ebbe voltato e imboccato il rettilineo, all'improvviso si illuminò all'internodi luce elettrica, ronzò e accelerò. Il prudente Berlioz, benché fosse al sicuro, decise di tornare dietro il cancello, spostò la mano sul tornello e arretrò di un passo. In quell'istante la sua mano scivolò e perse l'appoggio, il piede, come se si fosse trovato sul ghiaccio, sdrucciolò inarrestabile sul selciato che scendeva declive verso le rotaie, l'altro piede volò in aria, e Berlioz fu sbalzato sulle rotaie. Tentando di aggrapparsi a qualcosa, Berlioz cadde riverso, urtando leggermente la nuca sul selciato, e fece in tempo a vedere in alto, se a destra o sinistra questo non lo capì, la luna dorata. Riuscì a girarsi sul fianco, stringendo con un movimento impetuoso le gambe alla pancia, e voltatosi, vide slanciarglisi addosso con una forza irrefrenabile il volto, completamente bianco di terrore, della conducente e il suo fazzoletto scarlatto. Berlioz non emise un grido, ma intorno a lui tutta la via strillò in un coro di disperate voci femminili. La conducente diede uno strappo al freno elettrico, la vettura s'impuntò, poi sobbalzò all'istante, e con uno schianto e un tintinnio i vetri volarono via dai finestrini.
Allora nel cervello di Berlioz qualcuno gridò disperato: «Possibile?» Ancora una volta - l'ultima - balenò la luna, ma ormai rovinando in pezzi, poi fu buio. Il tram coperse Berlioz, e, sotto il cancelletto del viale Patriaršij, sul pendio lastricato fu gettato un oggetto tondo e scuro, che rotolò giù dalla china, saltellando sul selciato. Era la testa mozzata di Berlioz. […] Si spensero le isteriche urla femminili, tacquero gli stridenti fischietti dei poliziotti, due ambulanze portarono via: l'una, il corpo decapitato e la testa tagliata all'obitorio e l'altra, la bella conducente ferita dalle schegge di un vetro, alcuni portinai dai bianchi grembiuli spazzarono via i frammenti di vetro e cosparsero di sabbia le pozze di sangue; e Ivan Nikolaevič, che si era lasciato cadere su una panchina senza arrivare fino all'uscita, vi si accasciò. Tentò più volte di alzarsi, ma le gambe non gli ubbidivano: gli era venuta una specie di paralisi. Il poeta si era precipitato verso l'uscita non appena aveva sentito il primo urlo, e aveva visto la testa saltellare sul selciato. Era talmente scosso che, lasciatosi cadere sulla panchina, si morse un amano fino a farla sanguinare. Di quel pazzo di tedesco, naturalmente, si era dimenticato e cercava di capire una cosa sola: come era possibile che avesse appena parlato con Berlioz e, un momento dopo, quella testa... Agitata, la gente correva davanti al poeta lungo il viale, gettando esclamazioni, ma Ivan Nikolaevič non percepiva le loro parole. D’un tratto, però, vicino a lui si incontrarono due donne, una, col naso appuntito e la testa scoperta, gridò all'altra queste parole proprio sopra l'orecchio del poeta: -... Annuška, la nostra Annuška! Quella della Sadovaja! Guarda che ha combinato!... Ha comperato dell'olio di girasole dal droghiere, e paf! la bottiglia le si rompe contro il cancello del giardino! Si è rovinata tutta la gonna, e tirava certi moccoli!... E lui, poverino, si vede che è scivolato ed è andato a finire sulle rotaie.”
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