sabato 20 settembre 2025

Commento



          Il senso del gioco



3 commenti:

Silvio Minieri ha detto...

IL SENSO DEL GIOCO

“Per Pirrone una vita felice sta, precisamente, nella convinzione che sia possibile vivere “con arte”, anche senza la verità e senza i valori, almeno così come erano stati concepiti e venerati in passato. Come è giunto Pirrone a questa convinzione così atipica rispetto al generale razionalismo dei Greci? E come ha potuto dedurre una “regola di vita” e costruire una “saggezza”, rinunciando all’essere e alla verità e dichiarando ogni cosa vana apparenza? La risposta di Pirrone è contenuta in una testimonianza preziosa del peripatetico Aristocle, che la attinge direttamente dalle opere di Timone, immediato discepolo di Pirrone: «Pirrone di Elide […] non lasciò nulla di scritto; ma il suo discepolo Timone afferma che colui che vuole essere felice deve guardare a queste tre cose: 1) in primo luogo, come sono per natura le cose; 2) in secondo luogo, quale deve essere la nostra disposizione verso di esse; 3) infine, che cosa ce ne verrà, comportandoci così. Egli dice che Pirrone mostra che le cose: 1) sono egualmente senza differenza, senza stabilità, indiscriminate; perciò né le nostre sensazioni né le nostre opinioni sono vere o false; 2) non bisogna quindi dar loro fiducia, ma essere senza opinioni, senza inclinazioni, senza scosse, su ogni cosa dicendo “è non più che non è”, oppure “è e non è”, oppure “né è, né non è”; 3) a coloro che si troveranno in questa disposizione, Timone dice che deriverà per prima cosa l’apatia, poi l’imperturbabilità».
https://www.edu.lascuola.it/edizioni-digitali/Filosofia/RealeAntiseri

Silvio Minieri ha detto...

Quella data da Pirrone, come ci dice il testo in riferimento, è la soluzione al problema della vita. E noi prendiamo spunto dalla riflessione di Pirrone, per dare una risposta al nostro gioco, in cui veniva posta l’alternativa della scelta di una delle due parole da accordare ad altre due differenti parole.
NOTIZIA
ST… A
EPOCA
STAMPA o STRAORDINARIA
Come avrebbe risposto Pirrone al nostro gioco, stando al gioco?
Bisogna essere senza opinioni, senza inclinazioni, senza scosse, su ogni cosa dicendo “è non più che non è” [“tanto è, tanto non è”], oppure “è e non è”, oppure “né è, né non è”. Quindi ad ognuna delle due parole, bene si attagliano ognuna delle tre risposte, in quanto non vi è nessuna differenza fra le cose, ovvero fra le nostre due parole. Ma è proprio così? Restiamo nel nostro gioco, volendolo prendere come metafora del problema della vita, e vediamo se la soluzione di Pirrone si adatta così bene come abbiamo detto di primo acchito. È chiaro che noi disponiamo, rimanendo nel nostro gioco, di una verifica certa, data da una nostra scelta nel decidere quale delle due parole sia la soluzione del problema. In questo senso, noi siamo i padroni del gioco, a differenza della vita, dove invece siamo noi ad essere in gioco, e quindi al massimo ci possiamo illudere di padroneggiare il gioco della vita.
In conseguenza, noi possiamo confutare la dottrina di Pirrone, scegliendo di dare una risposta, per esempio: STAMPA. In questo caso, su questa cosa – la parola STAMPA – diciamo: “è più che non è”, non come vuole Pirrone: “è non più che non è”. E per le due altre proposizioni, la cosa – la parola STAMPA – “è”, quindi non “è e non è”; ed anche per la negazione, non è vero che la cosa “né è, né non è”, ma la risposta “è” rispecchia soltanto la seconda opzione: “né non è”, perché se rendiamo “né” con “e non”, abbiamo una doppia negazione: “e non non è”, come dire che “è”.
In questa metafora, il soggetto “noi” mantiene una doppia posizione, quella di “autore del gioco” e quella di “giocatore”, che si trovano su due piani differenti e irriducibili tra loro: l’uno della realtà, l’autore del gioco, l’altro dell’irrealtà, il giocatore. In questo senso la verità rivelata dall’autore, una volta che entra nel gioco, diventa verità dogmatica. A questa verità dogmatica si oppone la dottrina scettica di Pirrone, che in questa contrapposizione, accetta l’irrealtà (non verità) della propria condizione, essendo stata influenzato dalla sapienza degli asceti indiani, di cui diremo. E siccome abbiamo introdotto quest’ultimo elemento caratterizzante il pensiero di Pirrone, rimettiamo l’elaborazione di uno studio sul tema ad altra sede più congrua.
Ora, una volta spiegato “il senso del gioco”, la rappresentazione di una verità bifida, abbandoniamo il piano della metafora, e facciamo degli esempi sull’ammissibilità di ognuna della due risposte del gioco.
NOTIZIA STAMPA è la notizia diffusa dai giornali, la carta stampata, al pari degli altri media, radio, televisione, rete web.
STAMPA D’EPOCA è un'opera d'arte riprodotta tramite un processo di stampa, che include sia stampe antiche (dal '400 al '700) sia "vintage", più recenti, a partire dal XVIII secolo fino ai giorni nostri. Queste opere vengono prodotte in tirature limitate a partire da una matrice originale (legno, metallo, pietra), e sono apprezzate per la loro storia, estetica e valore artistico. IA.
NOTIZIA STRAORDINARIA è quella molto rara, come ad es. la morte del papa, che viene diffusa ad ogni morte di papa, tanto da costituirne un detto proverbiale. Da notare che nella lingua francese, la cronaca nera viene indicata con l’espressione “faits divers” ovvero fatti diversi da quelli ordinari.
EPOCA STRAORDINARIA è quella che noi viviamo, o quella che i nostri predecessori hanno vissuto o che i mostri successori vivranno. È questo mio un giudizio filosofico, e non storico, come forse dovremmo dare, esprimendo le nostre preferenze.

Silvio Minieri ha detto...

L’IRREALTÀ DIVINA
“Secondo Pirrone le cose stesse sono in sé e per sé indifferenziate, immisurate e indiscriminate e proprio “in conseguenza di questo” sensi e opinioni non possono dire né il vero né il falso Insomma, sono le cose che, in sé stesse, rendono sensi e ragione incapaci di verità e di falsità. Pirrone ha dunque negato l’essere e i principi dell’essere e ha risolto tutto nell’“apparenza”. Questo “fenomeno” (“apparenza”), come avremo modo di vedere, è stato trasformato dagli scettici posteriori nel fenomeno inteso come apparenza di un qualcosa che è al di là dell’apparire (ossia di una “cosa in sé”), e da questa trasformazione sono state tratte numerose deduzioni che, per la verità, non sembrano essere presenti in Pirrone. La posizione di Pirrone è più complessa, come risulta da un altro frammento di Timone, in cui è Pirrone stesso a parlare: «Orsù, io dirò, come a me pare essere / una parola di verità, avendo un retto canone, / che eterna è la natura del divino e del bene, / dai quali deriva all’uomo la vita più uguale».
Le cose, secondo il nostro filosofo, risultano mere apparenze non già in funzione del presupposto dualistico dell’esistenza di “cose in sé” e a noi come tali inaccessibili e di un loro “puro apparire a noi”, bensì in funzione della contrapposizione appunto alla “natura del divino e del bene”. Misurato con il metro di questa “natura del divino e del bene” tutto appare a Pirrone come irreale, e come tale è da lui “vissuto” anche praticamente.” https://www.edu.lascuola.it/edizioni-digitali/Filosofia/RealeAntiseri

La realtà dell’uomo è l’irrealtà della realtà divina, la sola vera realtà. Da dove deriva a Pirrone questa concezione del mondo apparente e illusorio in cui viviamo, dove l’irrealtà della nostra esistenza e di quella del mondo è soltanto lo specchio di una realtà di sogno della divinità? Dalla sua biografia sappiamo che egli prese parte alla spedizione di Alessandro Magno in Oriente (334-323 a.C.)
(Segue)