L’OMBRA DELL’OBLIO Quando ho dovuto formulare l’ultima catena, che avesse come congiunzione tra le due parole, nell’occasione “professione” e “San Cristoforo”, almeno due termini adattabili come soluzione, onde rendere il gioco un po' più complesso, ho pensato che “fede” potesse andare d’accordo anche con “germi” – professione di fede, i germi della fede. In tal caso, la professione del ferroviere andava bene, e germi avrebbe dovuto richiamare Pietro Germi, il regista del film “Il ferroviere” (1956). Chi scrive, oggi, ha quasi raggiunto sedici lustri di vita, in verità il “quasi” è ancora ben lungi dall’esaurirsi. Due anni sono lunghi e brevi da passare, come canta Gaber di uno, in Porta Romana, ma scorrono veloci a questa età longeva, una volta che sono passati, se chi li vive li ha passati. Ebbene, il film e il suo regista abitano l’ombra dell’oblio, da cui io, che vivo ai confini di quell’ombra, li ho evocati. Il film non era così attuale, tanto da essere ricordato. E San Cristoforo? È il santo patrono dei ferrovieri.
In filosofia, epoché è l'atto di “sospensione dell'assenso” o del “giudizio” che, secondo gli scettici, era necessario ad assicurare al saggio l'imperturbabilità (atarassia). [1] Nel pensiero di Edmund Husserl (1859-1938), il mezzo per giungere all'atteggiamento filosofico, “ponendo tra parentesi” sia ciò che è soggettivo e psicologico, sia il dato oggettivo empirico.
Quel che vale per la geometria, come scienza eidetica, è comunque estensibile anche alla fenomenologia. Scrive Husserl: “Questo senso della scienza eidetica non è legato in maniera assoluta alla sfera dell’intuizione geometrica. Anche la fenomenologia pura è “pura” da tutti i fatti, anch’essa vuole essere esclusivamente scienza eidetica dei fenomeni: non scienza dei miei fenomeni casuali e neanche dei fenomeni come questi empirici fenomeni dell’io individuale, ma dei fenomeni in generale, in quella assoluta necessità e generalità, che deve essere tratta nell’intuizione eidetica sulla base di qualsiasi esempio singolare intuitivo.” E quindi specifica la differenza tra le due scienze: “Per essa [la fenomenologia] è caratteristica una doppia purezza: quella della riduzione trascendentale, che è assolutamente sua propria, e quella della intuizione eidetica, che essa ha in comune con la geometria.” La riduzione trascendentale consiste nell’escludere metodicamente l'esistenza del mondo esterno (l'atteggiamento naturale e ogni posizione trascendente di realtà) per concentrarsi sull'immanenza e sui vissuti della soggettività pura. Attraverso l'epoché, sospensione del giudizio, si mette tra parentesi il mondo reale, rivelando l'ego trascendentale come fondamento della conoscenza, la cui essenza appartiene alla coscienza e non al mondo. Nel suo discorso, Husserl si rifà a Cartesio, peraltro per sottoporre a critica il suo Cogito: “Il metodo fenomenologico può essere inteso come modificazione, e perciò al tempo stesso come un ampliamento e una acutizzazione del metodo del dubbio cartesiano. Al dubbio (o meglio al tentativo di dubbio e di negazione), il fenomenologo sostituisce una sospensione del giudizio, che si arresta fermamente nell’ambito della sua scienza. E questo gli impedisce di porsi sul terreno di una qualche esperienza obiettiva e di utilizzare come premesse in maniera corrispondente un qualche teorema di una qualche scienza obiettiva, e di prendere una qualche posizione sulla loro verità o falsità. Per il fenomenologo non è importante dunque condurre il contrasto con lo scetticismo sino alla fine, come sempre egli può confutare la scienza obiettiva.” Come per Cartesio, il fenomenologo non po' lasciare nessun dubbio onde fondare una scienza pura e rigorosa, una scienza assoluta, che se possibile si estenda su tutti gli altri ambiti della conoscenza. Egli sceglie come suo tema il campo, che si dà però in maniera assoluta dei fenomeni puri. L’ epoché, che sostituisce il dubbio cartesiano, riguarda tutto quello che oltrepassa questo campo, ovvero la realtà obiettiva trascendente la coscienza. Il metodo del dubbio di Cartesio non compiva alcune esclusione delle trascendenze obiettive. (Segue)
[1] Su Pirrone, l’iniziatore del pensiero scettico, proponiamo un frammento della testimonianza di Diogene Laerzio.
I. Pirrone eleate, secondo che narra anche Diocle, era figlio di Plislarco. II. Al dire di Apollodoro, nelle Cronache, fu dapprima pittore e udì, come, afferma Alessandro, nelle Successioni, Brisone di Stilpone, poscia accompagnò per tutto Auassarco, così che ebbe a conversare con i gimnosofisti nell’ India, e con i magi. III. Sembra che per tale ragione egli abbia sì valorosamente filosofato, introducendo quella specie d’impossibilità di comprendere e sospensione di giudizio, di cui parla Ascanio abderita; poiché nulla essere stimava né bello, né turpe, né giusto, né giusto, né ingiusto; e parimenti in ogni cosa nulla esistere di vero; ma tutto farsi dagli uomini a norma di legge o di costume; né ciascuna essere piuttosto così, che così. Conseguente ne era anche la vita, nulla esso evitando, non abbadando a niente, affrontando tutto, carri, se vi s’abbatteva, precipizi e cani od altro di simile, non fidando per nulla nei sensi. Per altro, scrive Antigono caristio, in ciò lo preservavano i familiari dai quali era seguito; ed Enesidemo afferma aver esso bensì filosofato con la dottrina del sospendere l’assenso, ma non avere per certo, senza preveggenza, fatto ogni cosa, se oltre i novant’ anni campò.” Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, IX, 61-62 (Segue)
‘Kde domov muj’? ‘Dov’è la mia patria?’ Non è un inno di guerra, non auspica la rovina di nessuno, canta senza retorica il paesaggio della Boemia con i suoi colli e pendii, le pianure e le betulle, i pascoli e i tigli ombrosi, i piccoli ruscelli. Canta il paese dove siamo a casa nostra, è stato bello difendere questa terra, bello amare la nostra patria (Milena Jesenskà)
Copenaghen
Bruxelles Louiza
“Dobbiamo pensare che ciascuno di noi, esseri viventi, è come una prodigiosa marionetta realizzata dalla divinità, per gioco o per uno scopo serio, questo non lo sappiamo." (Platone, Leggi, 1, 644e)
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SOLUZIONE DEL GIOCO
PROFESSIONE
FERROVIERE
SAN CRISTOFORO
L’OMBRA DELL’OBLIO
Quando ho dovuto formulare l’ultima catena, che avesse come congiunzione tra le due parole, nell’occasione “professione” e “San Cristoforo”, almeno due termini adattabili come soluzione, onde rendere il gioco un po' più complesso, ho pensato che “fede” potesse andare d’accordo anche con “germi” – professione di fede, i germi della fede. In tal caso, la professione del ferroviere andava bene, e germi avrebbe dovuto richiamare Pietro Germi, il regista del film “Il ferroviere” (1956). Chi scrive, oggi, ha quasi raggiunto sedici lustri di vita, in verità il “quasi” è ancora ben lungi dall’esaurirsi. Due anni sono lunghi e brevi da passare, come canta Gaber di uno, in Porta Romana, ma scorrono veloci a questa età longeva, una volta che sono passati, se chi li vive li ha passati. Ebbene, il film e il suo regista abitano l’ombra dell’oblio, da cui io, che vivo ai confini di quell’ombra, li ho evocati. Il film non era così attuale, tanto da essere ricordato. E San Cristoforo? È il santo patrono dei ferrovieri.
Epoché (ἐποχή)
In filosofia, epoché è l'atto di “sospensione dell'assenso” o del “giudizio” che, secondo gli scettici, era necessario ad assicurare al saggio l'imperturbabilità (atarassia). [1]
Nel pensiero di Edmund Husserl (1859-1938), il mezzo per giungere all'atteggiamento filosofico, “ponendo tra parentesi” sia ciò che è soggettivo e psicologico, sia il dato oggettivo empirico.
Quel che vale per la geometria, come scienza eidetica, è comunque estensibile anche alla fenomenologia. Scrive Husserl: “Questo senso della scienza eidetica non è legato in maniera assoluta alla sfera dell’intuizione geometrica. Anche la fenomenologia pura è “pura” da tutti i fatti, anch’essa vuole essere esclusivamente scienza eidetica dei fenomeni: non scienza dei miei fenomeni casuali e neanche dei fenomeni come questi empirici fenomeni dell’io individuale, ma dei fenomeni in generale, in quella assoluta necessità e generalità, che deve essere tratta nell’intuizione eidetica sulla base di qualsiasi esempio singolare intuitivo.” E quindi specifica la differenza tra le due scienze: “Per essa [la fenomenologia] è caratteristica una doppia purezza: quella della riduzione trascendentale, che è assolutamente sua propria, e quella della intuizione eidetica, che essa ha in comune con la geometria.”
La riduzione trascendentale consiste nell’escludere metodicamente l'esistenza del mondo esterno (l'atteggiamento naturale e ogni posizione trascendente di realtà) per concentrarsi sull'immanenza e sui vissuti della soggettività pura. Attraverso l'epoché, sospensione del giudizio, si mette tra parentesi il mondo reale, rivelando l'ego trascendentale come fondamento della conoscenza, la cui essenza appartiene alla coscienza e non al mondo. Nel suo discorso, Husserl si rifà a Cartesio, peraltro per sottoporre a critica il suo Cogito: “Il metodo fenomenologico può essere inteso come modificazione, e perciò al tempo stesso come un ampliamento e una acutizzazione del metodo del dubbio cartesiano. Al dubbio (o meglio al tentativo di dubbio e di negazione), il fenomenologo sostituisce una sospensione del giudizio, che si arresta fermamente nell’ambito della sua scienza. E questo gli impedisce di porsi sul terreno di una qualche esperienza obiettiva e di utilizzare come premesse in maniera corrispondente un qualche teorema di una qualche scienza obiettiva, e di prendere una qualche posizione sulla loro verità o falsità. Per il fenomenologo non è importante dunque condurre il contrasto con lo scetticismo sino alla fine, come sempre egli può confutare la scienza obiettiva.” Come per Cartesio, il fenomenologo non po' lasciare nessun dubbio onde fondare una scienza pura e rigorosa, una scienza assoluta, che se possibile si estenda su tutti gli altri ambiti della conoscenza. Egli sceglie come suo tema il campo, che si dà però in maniera assoluta dei fenomeni puri. L’ epoché, che sostituisce il dubbio cartesiano, riguarda tutto quello che oltrepassa questo campo, ovvero la realtà obiettiva trascendente la coscienza. Il metodo del dubbio di Cartesio non compiva alcune esclusione delle trascendenze obiettive.
(Segue)
[1] Su Pirrone, l’iniziatore del pensiero scettico, proponiamo un frammento della testimonianza di Diogene Laerzio.
I. Pirrone eleate, secondo che narra anche Diocle, era figlio di Plislarco.
II. Al dire di Apollodoro, nelle Cronache, fu dapprima pittore e udì, come, afferma Alessandro, nelle Successioni, Brisone di Stilpone, poscia accompagnò per tutto Auassarco, così che ebbe a conversare con i gimnosofisti nell’ India, e con i magi.
III. Sembra che per tale ragione egli abbia sì valorosamente filosofato, introducendo quella specie d’impossibilità di comprendere e sospensione di giudizio, di cui parla Ascanio abderita; poiché nulla essere stimava né bello, né turpe, né giusto, né giusto, né ingiusto; e parimenti in ogni cosa nulla esistere di vero; ma tutto farsi dagli uomini a norma di legge o di costume; né ciascuna essere piuttosto così, che così. Conseguente ne era anche la vita, nulla esso evitando, non abbadando a niente, affrontando tutto, carri, se vi s’abbatteva, precipizi e cani od altro di simile, non fidando per nulla nei sensi. Per altro, scrive Antigono caristio, in ciò lo preservavano i familiari dai quali era seguito; ed Enesidemo afferma aver esso bensì filosofato con la dottrina del sospendere l’assenso, ma non avere per certo, senza preveggenza, fatto ogni cosa, se oltre i novant’ anni campò.” Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, IX, 61-62
(Segue)
L'ANGOLO DEL GIOCO
C A T E N A
SCORRERE
T
SPAZIO
PU
APPARIRE
SE
PARERE
AV
GARA
PRO
PRODUZIONE
IS
SCOLASTICO
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