venerdì 3 ottobre 2025

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               Ereignis




3 commenti:

Silvio Minieri ha detto...

Bussarono alla porta dello studio e Claudia, la segretaria, annunciò la visita di “O’ pazzariello”, così come avevano soprannominato quell’anziano paziente, che subito dopo entrò, avanzando a passettini di danza, l’aria ilare. Winter sbuffò – ma non aveva scelto lui quella vita? – la segretaria abbozzò un sorriso di circostanza e si ritirò.
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EREIGNIS
Indipendentemente dal fatto se la scelta di sé stesso fosse stata fatta platonicamente dall’anima di Winter prima d’incarnarsi o, alla maniera di Heidegger, dopo essere stato gettato nel mondo, non si sa bene da chi, il destino (Geschick)?, un dono dell’Essere che si fa evento?, sta di fatto che adesso l’evento (Ereignis) consisteva nell’assistere allo show di “o’ pazzariello”, e il dottore rimase pazientemente in attesa. Questa volta la recita non durò molto: il maresciallo in pensione, Zennaro Esposito, entrato mimando passi di danza, gridò: “Dottore, mia figlia si sposa! Ho portato i confetti.” E così dicendo, gli porse la bomboniera. Winter la prese e disse: “Sono felice.” E Zennaro lo abbracciò e baciò due volte sulle guance. “Dottore, questa volta non vi faccio perdere tempo, là fuori una signora vi aspetta” e strizzò l’occhio sinistro, voltandosi verso la porta. “Zennaro, grazie” si limitò a rispondere Winter, mentre lo accompagnava all’uscita. Un anno prima, l’uomo si era presentato con una depressione profonda, la moglie malata e molto sofferente aveva scelto di andarsene nell’altro mondo, ed ora il vedovo sembrava avere elaborato il lutto. Era passato dallo stato disforico ad una fase di minore sconforto, fino ad un recente eccesso di euforia. Un po' come i bambini piccoli, che passano facilmente dal pianto al riso, pensò Winter.
Poco dopo, entrò la paziente in attesa, Armonia Levolle, signora quarantenne, di padre italiano e madre fiamminga. Il marito l’aveva abbandonata, lasciandola con un bambino piccolo e in uno stato di grave prostrazione. Nel corso delle sedute, una volta Winter le aveva letto alcuni brani di un romanzo, ma lei era rimasta insensibile, sembrava più un rapporto accademico tra professore e allievo, che tra medico e malato. Prima di andarsene, però, la donna aveva chiesto se poteva prendere il libro, e Winter, sebbene sorpreso, aveva subito acconsentito.

Silvio Minieri ha detto...

Ora, Armonia Levolle era venuta a consegnare il libro: “Nell’azzurro profondo”. Si trattava di un volumetto di quattro capitoli, lei indicò il passo del quarto, che il dottore le aveva letto la prima volta. Questa volta in silenzio, Winter si era messo a leggerlo: “Scendendo verso sud il paesaggio sembra mutare, ad un tratto il treno rallenta. Passano alcune case, sul pendio si raccoglie l'abitato di un paese e sullo sfondo si può osservare la distesa azzurra del mare. La viaggiatrice contempla incantata la trasparenza azzurrina dell'aria sfumata nella limpidità del cielo, avvolgente lo specchio lucente dell'azzurro del mare. Rivede Ponte, l'estate dell'anno prima, i colori perduti, la luce mediterranea e viene colta da un sentimento d'intensa nostalgia.” Smise di leggere, si era accesa la spia luminosa dell’interfono. Winter pigiò sul tasto dell’apparecchio, la lucina divenne verde, si udì la voce della segretaria: “È arrivato il signor Torriconi.” Winter guardò l’orologio, era arrivato con mezz’ora d’anticipo, un paziente complicato. “Fallo accomodare e digli di aspettare” disse. Si udì la voce di Claudia: “Va bene, ci penso io.” Il dottore spense l’interfono, con aria perplessa. Armonia Levolle fece l’atto di alzarsi, l’espressione interrogativa, ma Winter la fermò con un gesto della mano, e ostentò un segno di noncuranza, increspando leggermente il labbro inferiore. Quindi, andò a ricercare il punto della pagina del libro, in cui si era interrotto, saltò alcune righe, e riprese a leggere, questa volta, a voce alta: “Il treno si ferma e lei continua a contemplare l'incanto di luce azzurrina del mare ed i tenui colori sfumati nell'azzurro dell'aria e del cielo di quel tiepidissimo dicembre. Abbandonate le brume e la nebbia, il freddo e la notte, quando il cavaliere del Nord era giunto per la prima volta su queste sponde del Mediterraneo, doveva avere trattenuto il respiro di fronte allo spettacolo, che si presentava al suo sguardo, superiore ad ogni sua possibilità di meraviglia. Quando il treno riparte ed il paesaggio muta, scomparendo il mare e tornando la campagna e le colline, svanisce il ricordo e viene smarrito l'incanto.” Winter, che era l’autore del libro, pubblicato sotto altro nome, sapeva di avere ripreso l’immagine di stupore e di meraviglia da Scott Fitzgerald, l’autore del “Grande Gatsby”. Ed ora, nel vedere il volto della sua paziente illuminato dalla stessa espressione di meraviglia, capiva che lei aveva iniziato l’ultimo percorso della sua guarigione. In quel momento, il silenzio fu interrotto dal secco rumore di uno sparo, proveniente dalla saletta di attesa. Winter si alzò di scatto e si precipitò fuori: sulla soglia del bagno attiguo, di spalle, Claudia aveva lanciato un grido. Il dottore la scostò e guardò all’interno: il corpo di Torriconi giaceva a terra senza vita, una pozza di sangue attorno alla testa e alla tempia destra, la pistola scivolata di mano. L’Essere si era fatto evento (Ereignis).

Silvio Minieri ha detto...

LA LUCE VERDE.
“Poi scesi fino alla spiaggia e mi sdraiai sulla sabbia. La maggior parte dei grandi locali sulla costa era ormai chiusa e c'erano poche luci, a parte il bagliore ombroso e in movimento di un traghetto che attraversava il Sound. E mentre la luna saliva più alta, le case superflue cominciarono a fondersi, finché gradualmente divenni consapevole della vecchia isola che un tempo fioriva agli occhi dei marinai olandesi: un seno fresco e verde del nuovo mondo. I suoi alberi scomparsi, gli alberi che avevano lasciato il posto alla casa di Gatsby, un tempo avevano assecondato sussurrando l'ultimo e più grande di tutti i sogni umani. Per un fugace, incantato istante, l'uomo deve aver trattenuto il respiro al cospetto di questo continente, costretto a una contemplazione estatica che non capiva né desiderava, faccia a faccia per l'ultima volta nella storia con qualcosa di commisurato alla sua capacità di meravigliarsi. E mentre sedevo lì a rimuginare sul vecchio mondo sconosciuto, pensai allo stupore di Gatsby quando per la prima volta scorse la luce verde in fondo al molo di Daisy. Aveva percorso una lunga strada per raggiungere questo prato azzurro, e il suo sogno doveva sembrargli così vicino che difficilmente avrebbe potuto non afferrarlo. Non sapeva che era già alle sue spalle, da qualche parte in quella vasta oscurità oltre la città, dove i campi scuri della repubblica si stendevano nella notte. Gatsby credeva nella luce verde, nel futuro ricco di promesse, che anno dopo anno si allontana davanti a noi. Ci è sfuggito una volta, ma non importa: domani correremo più veloci, allungheremo le braccia più lontano... E una bella mattina... Così continueremo a remare, barche controcorrente, trasportati senza posa nel passato.”