domenica 16 novembre 2025

Intermezzo

 

            I giovani del Blog



2 commenti:

Silvio Minieri ha detto...

I GIOVANI DEL BLOG

Noi siamo i giovani / I giovani più giovani / Siamo l'esercito / L'esercito del Blog.

Bene, bravi, ragazzi, siete venuti per l’esame di ammissione al Blog? – Sì. – E siete venuti parafrasando il testo e cantando le note della canzone “L’esercito del surf” di Catherine Spaak? –Sì. –Avanti il primo. –Eccomi! –Seduto. –Grazie. – Chi è Mizushima? – Un sergente dell’esercito giapponese. – E di quale storia è protagonista? – L’arpa birmana. – Che cosa hai portato come scritto? – La lettera di addio di Mizushima. – Qual è il passo che ti ha maggiormente colpito? – Il richiamo del pappagallo, ripreso nel racconto di stampo memorialistico: “In cammino verso casa”. – Il finale? – Sì. – Te lo ricordi? – Sì. – Vuoi recitarlo? – “Nel silenzio della notte, sentii un fruscio, mi fermai e guardai indietro, come un’ombra furtiva alle mie spalle, un movimento nascosto, figure invisibili, e la vocetta stridula del pappagallo: “Mizushima torna in Giappone con noi!” Un attimo, poi ho di nuovo guardato in avanti e ho ripreso in direzione di Viale Europa, in cammino verso casa. – Puoi commentarlo brevemente? – Sì, l’autore s’ispira direttamente al film, tratto dal romanzo omonimo. – Ricordi la scritta in apertura e chiusura del film. – Sì, “Rossi come il sangue sono i monti e le terre della Birmania.” – Qual è il senso dell’addio di Mizushima? – La pietà dei defunti e la comunione tra tutti i vivi e tutti i morti: “Ho chiesto al bonzo che mi salvò dalla morte sul colle del triangolo di affidarmi la cura dei morti insepolti. Il capitano diceva di tornare in Giappone per collaborare alla ricostruzione del paese distrutto dalla guerra. Ricordo molto bene queste sue parole, ma quando vidi i morti giacere insepolti, preda degli avvoltoi, della dimenticanza e dell'indifferenza decisi di rimanere perché le migliaia e le migliaia di anime sapessero che una memoria d'amore le ricordava tutte ad una ad una. […] Addio amici che tornate in patria, vi confesso che non finirei mai di poter dire addio. Grazie per avermi tanto cercato, amici. Io vi ringrazio con tutto il mio cuore commosso. Io sarò qui in Birmania quando nevicherà e i monti nasconderanno la croce del sud e quando avrò sete di ricordi, quando avrò nostalgia di voi suonerò di nuovo la mia arpa.” – Bravo! Meriti la promozione a pieni voti: trenta, congratulazioni! – Grazie. – Puoi andare. – Chiamo il prossimo? – Sì, certo. – Buon giorno, eccomi! – Buon giorno, siediti. – Tu sei l’anonimo fiorentino. – Sì, lo sono. – Hai portato, per lo scritto, “Morte di un professore di zoologia”? – Sì. – Chi sono Traseo Nera e Decio Livio? – Due clowns. – Come dici? – Sono entrato nello spirito della storia e nell’anima dei personaggi. – Sì, infatti, li vedo riflessi nell’illuminarsi del tuo volto. – Sono le estroflessioni del suo autore, peraltro interscambiabili come avviene nel terzo dei nove mimi di “Morte di un professore di zoologia. – “I magri giorni.” – Sì, “I magri giorni o dell’identità e differenza tra romanzi gialli e cronaca nera. Mimo tra due recitanti in maschera da clown a zonzo pei lungarni.” –

Silvio Minieri ha detto...

Ricordiamo le prime battute dell’incipit? – Certo, “T- O italico latino che per la città di Dante invisibile ombra te’n vai, pensoso e vagabondo, dimmi: Quo vadis? Dove vai? D- Verso il Ponte Vecchio, non vedi? T- Vengo con te, amico. D- Poteva essere diversamente, no, dico, poteva essere diversamente? T- Sì, avrebbe potuto essere in un altro modo; ma visto che la sorte è questa, seguiamola. D- Come dire, indossiamo la nostra quotidiana maschera da clown ed affrontiamo un argomento serio o semiserio, il volto pietrificato nell’amaro riso dei buffoni. T- Certo, proprio così. D- Eh, sì. T- Bene, ora, io recito la mia parte di Traseo Nera e tu quella di Decio Livio. D- No, vorrei interpretare io il ruolo di Traseo Nera ed affidare a te quello di Decio Livio, per una ragione che poi ti spiegherò.” – T- Ed allora scambiamoci la maschera, per acquistare le nostre nuove permutate identità e dare senz’altro indugio inizio alla recita. D- Tieni, dunque! T- Ah, ecco, prendi la mia. Così, perfetto.” – Mi sai commentare brevemente queste prime battute del mimo, che abbiamo letto? – Direi, l’occasione dell’incontro, il fatto accidentale, che viene in certo modo accettato. È come dire l’accettazione del ruolo della propria vita, l’amor fati di Nietzsche, vivere consapevolmente la propria vita, in cui ci si è trovati a vivere, la vita avuta in sorte. E la sorte dei due protagonisti è quella di recitare una certa loro parte di buffoni, il nascondere il tragico della vita dietro la maschera di tutti i giorni. – “Il faut savoir cacher ses larmes sous le masque de tous les jours.” – Sono le parole della canzone di Charles Aznavour, “Il faut savoir”, che hanno ispirato una poesia del nostro autore: “La maschera e i giorni”, tradotta in francese: “Le masque et les jours.” – Bravo! Hai colto un punto centrale del pensiero del nostro autore. Sai dirmene altri? – Un altro nodo cruciale è l’explicit del mimo in commento. – Vogliamo recitare le battute finali del copione che abbiamo davanti? – Certo. “T- Decio Livio, da quando ti sei messo la mia maschera di Traseo Nera, mi sembri imbambolato. Forse stanotte non hai dormito bene? Stai rispondendo soltanto: “Ah!”, “Eh!”, “Come?” D- Ehi! E non spingere! T- Decio Livio, ti sto dando soltanto qualche spintone per svegliarti. D- Io sono Traseo Nera. T- Ah! Ti sei svegliato, Decio, restando nella parte dell’attore. Bravo! Traseo Nera, mia identità, restituiscimi la maschera, così riprendo le mie fattezze, perché nello scambiarci i ruoli, mi sembra come se ognuno di noi due parlasse soltanto a sé stesso, il vaniloquio di un pazzo, sotto maschere differenti.” – Qual è dunque la spiegazione di questo espediente, ovvero lo scambio delle maschere? – Tralasciando la distinzione tra personaggio e attore, il fine è quello recitato nella battuta finale: “Il vaniloquio di un pazzo sotto maschere differenti.” – La vanità della vita e del tutto? – "Vanitas vanitatum, et omnia vanitas", "vanità delle vanità, tutto è vanità", “l’Ecclesiaste”, in ebraico Qoèlet. –Bravo! Meriti la promozione a pieni voti, trenta. – Grazie. – Il prossimo. – Professore, sono il collaboratore scolastico alias il bidello, dobbiamo interrompere, pausa ricreazione. – E spuntino, vedo che hai il panino pronto, buon appetito. – Grazie professore, vuole favorire? – No, grazie, esco per prendere un caffè. – Un dovere.
(Segue)