mercoledì 24 luglio 2024

L'uomo differito (4)


                              

            Il ragno e la luna




4 commenti:

Silvio Minieri ha detto...

INTRODUZIONE
“Il ragno e la luna”, Libro IV del ciclo narrativo “L’uomo differito”, è il racconto del soggiorno in una Torino nebbiosa ed irreale di Lafleur, uno strano ed enigmatico personaggio, già implicato a Roma in un processo per omicidio di una giovane donna, che rivela in questo tratto della sua esistenza inquietanti sintomi di un incipiente squilibrio psichico: questo il filo conduttore della storia fin qui raccontata.
Ma un sottosuolo più segreto accompagna parallelamente tutta la trama visibile di “Il ragno e la luna” e questo sentiero nascosto, nel corso della narrazione, si viene man mano manifestando dapprima sotto forma di interpolazioni incongruenti con la fluidità degli avvenimenti, poi in affioranti interrogativi sparsi a caso qua e là sul cammino, che diventano infine delle vere e proprie “voci”. Quali sono questi interrogativi e che cosa rappresentano? Nella contemplazione trascendente dell’attimo presente, essi rappresentano il dubbio, gli interrogativi che la ragione si pone da sempre sul destino del “presente”, il destino della storia e di tutte le storie dell’uomo, il destino del loro eterno ritornare:
“Avevamo progressivamente accelerato. Si può dire che correndo eravamo infine giunti alla porta, dove sostammo. Ed io mi affacciai e sporsi il capo nella notte. Il buio del parco era illuminato da un leggero chiaro di luna. Di fronte a me vi era un albero e illuminato dalla tenue luce lunare, osservai un ragno arrampicarsi su un ramo. Allora trassi con me gli altri nella notte e tutti eravamo fermi sulla soglia della porta ed io dissi, indicando loro l'albero:
“ - E questo ragno lento che striscia al chiaror della luna, e lo stesso chiaror della luna, ed io e 'voi' che qui sotto la porta bisbigliamo insieme di cose eterne, non dobbiamo tutti essere già stati una volta?
- E ritornare, per correre sull'altra strada, dinanzi a noi, su questa lunga, lugubre strada: non dobbiamo noi forse eternamente tornare?”
Indicavo il sentiero del parco notturno davanti a noi, che si perdeva in un bosco non lontano, dove forse si erano rifugiate le figure da noi inseguite. Ma io non so che cosa successe, perché gli avvenimenti precipitarono. Ricordo che mi trovavo con quelle ombre sulla soglia della porta e ricordo ancora come bisbigliassi insieme con loro di cose eterne con voce sempre più flebile, giacché avevo paura dei miei propri pensieri e di quanto dietro ad essi si celava.”

Silvio Minieri ha detto...

[N. d. B.]
Questo frammento dello "Zarathustra" di Nietzsche mi ha ispirato l'audio-dramma: "Il chiaro di luna tra i rami", rintracciabile sul web:
https://archive.org/details/Silvio_Minieri_Il_chiaro

Silvio Minieri ha detto...

CAPITOLO 1

“Quel tal Lisi autor di un romanzetto, dove si parla dell’uomo camuffato.” Sorrido della mia battuta.
Gabriella Finari, seduta di fonte a me, non tradisce nessun sentimento nell'espressione del viso. I suoi occhi verdi mi esplorano il volto, alla ricerca di un tratto familiare da riconoscere o forse per imprimersi nella memoria i miei lineamenti.
Non appena sono arrivato a Torino con il treno da Pescara, ho telefonato subito a lei. Ha risposto con quella sua voce gentile, che ho riconosciuto senza esitazione. Sì, mi avrebbe visto volentieri, ma non quel giorno, in cui era impegnata. Fino a quando sarei rimasto in città? Alcuni mesi. Oh, bene! Avremmo avuto tutto il tempo per incontrarci. Avrei richiamato io? Alla fine della settimana. Era meglio. Se non avesse potuto prima, senz'altro ci saremmo visti all'inizio della settimana seguente. Era molto contenta che io fossi a Torino. Anch'io, sono impaziente di vederla. Sì? Certo. Bene. Allora, arrivederci presto. Sì, arrivederci.
“Impaziente”: quell'aggettivo, sfuggitomi all'improvviso, mi ha tradito. E poi non ho proprio parlato della documentazione sul nome 'Eugenio', che lei mi aveva spedito. In verità neppure lei. Come sospettavo, non ci siamo visti il sabato e neppure la domenica seguente. Gabriella Finari doveva accompagnare madre, padre e sorella, nella gita di fine settimana, su nella loro casa in montagna.
Ho telefonato lunedì e mi ha dato appuntamento per il giorno dopo, sotto casa sua. Sono andato a prenderla con un'autovettura presa a nolo, una Fiat Tipo grigia.
"Dove andiamo?" ho domandato.
"Non ci allontaniamo" ha risposto lei "non posso fare tardi."
"Va bene" ho detto "possiamo andare in un ristorante qui vicino. Ho imparato già a conoscerne qualcuno."
"Veramente, ho già cenato."
"Mi può fare compagnia. Le offro il caffè."
Gabriella Finari ha sorriso e ha detto sì.
Incoraggiato, sono partito e sono uscito sul corso Galileo Galilei. All'altezza di viale Luigi Einaudi, ho girato a destra, in direzione del mercatino della Crocetta. Poco dopo, ho trovato un parcheggio. Il ristorante è in via Capitano Pizarro, una traversa di corso Ormezzano. Entriamo. All'interno vi è un finto pergolato, sul cui sfondo domina la parete, su cui è raffigurato, un paesaggio di campagna. Delle stufe elettriche, camuffate con foglie d'edera in plastica, riscaldano l'ambiente. Prendiamo posto, sedendo ad un tavolino, situato sotto il pergolato.
(segue)

Silvio Minieri ha detto...

IMMAGINE
Dipinto di Maria Grazia Fiore