venerdì 6 settembre 2024

Narrativa

 

           I racconti anodini


1 commento:

Silvio Minieri ha detto...

I RACCONTI ANODINI
Quando di recente cercavo di concludere il mio racconto: “Il musicista del terzo piano”, ho pensato al significato che mi toccava dare a quella mia narrazione, ovvero in quale raccolta di altre storie del genere appunto raccoglierlo, ed ecco l’espressione: “I racconti anodini”, di cui al soliloquio seguente. Allora, vediamo di concludere con questo “musicista”. Va bene, mi vengono sempre nuove cose da aggiungere, ma ora le taglio. Quali cose? Connessioni con altri racconti e poesie, e alla fine viene fuori una specie di collage, che non so quale significato abbia. Ritenendo allora che non abbia un significato diciamo determinante, (ma forse non è vero), allora lo definisco e classifico tra “I racconti anodini”, di cui mi propongo di formare una raccolta. Un’ultima osservazione, dovuta a una certa insistente mania a voler registrare brevi digressioni, guarda caso anch’esse anodine, e questa riguarda proprio il termine anodino, che io pronuncio con accento piano, sebbene sarebbe più corretta una pronuncia con accento sdrucciolo. Concludo quindi con un copia e incolla: “Anòdino (meno corretto anodìno) agg. [dal lat. tardo anody̆nus, gr. ἀνώδυνος «senza dolore», comp. di ἀν- priv. e ὀδύνη «dolore»]. – 1. In medicina, antidolorifico, riferito a sostanza che ha azione calmante, come per es. i narcotici, gli anestetici, gli antinevralgici, le correnti elettriche, ecc. Liquore a. di Hoffmann, in farmacia, miscuglio di etere solforico e alcol, in parti uguali, usato, in passato, a gocce, come sedativo e antidolorifico. 2. fig. Senza carattere, insignificante: un individuo a.; o che non prende posizione decisa, che non esprime un parere netto: un giudizio a., una risposta anodina.” (Treccani)
Propongo, pertanto, oggi, il primo racconto della virtuale raccolta, che risale a qualche anno fa: “Rethor Magister”, pubblicato a suo tempo sul Blog. Il racconto si divide in due parti: “La maestra di retorica” e “Sull’orlo della giostra”, seguito da “Postille”. Il primo capitolo della prima parte s’intitola: “La cattedrale nella sabbia”
Ecco l’incipit: “Non ricordo se fosse l’aeroporto di Gatwick o di Heathrow, arrivai trafelato al gate all’ultima chiamata, e quando entrai in cabina, dopo aver mostrato la carta d’imbarco alla hostess, guardai verso il mio posto: “A7”. Era occupato da una giovane donna con i capelli scuri tagliati corti e gli occhi celesti, che riconobbi subito, un volto noto della politica. il posto al centro era vuoto, quello lato corridoio occupato da un uomo dai capelli lunghi brizzolati e la barba grigia non rasata. L’assistente di volo mi scortò fino alla fila sette e aprì la cappelliera, dove infilai il mio piccolo bagaglio, dopo aver sfilato un libro dalla tasca esterna. L’uomo e la donna della mia fila, intanto, si erano alzati in piedi, per farmi spazio, e lei si era spostata al centro, quando avevo accennato al mio posto accanto al finestrino. “Mi scusi, onorevole,” dissi mentre le passavo davanti. Mi sedetti e finalmente mi distesi. Ero in imbarazzo per il ritardo: “Last call, ho causato un piccolo disagio per la partenza,” dissi. “Ed io le ho preso il posto,” rispose lei con un sorriso. Era come si vedeva in televisione, sempre sorridente, ma anche agguerrita. Poco dopo, chiusero il portellone e l’aereo si mosse, il rullaggio, il decollo e in breve fummo in quota. Guardavo fuori dal finestrino, stavamo attraversando la Manica, più in basso volava un aeroplano con rotta perpendicolare rispetto alla nostra.
(Segue)