martedì 7 ottobre 2025

Filosofia

 


         L'immagine del mondo




2 commenti:

Silvio Minieri ha detto...

L’IMMAGINE DEL MONDO
Quale differenza esiste tra il mondo e l’immagine del mondo? Una differenza logica oppure ontologica? Una differenza nel linguaggio o nella realtà?
Rispondiamo a questi interrogativi con la metafora dello specchio: l’immagine riflessa nello specchio in che cosa si differenzia dalla realtà di quello che lo specchio riflette? A questo punto bisogna intendersi su che cosa significa logico e che cosa ontologico. “C’è una scienza che considera l’essere in quanto essere e le proprietà che gli competono in quanto tale. Essa non si identifica con nessuna delle scienze particolari: infatti nessuna delle altre scienze considera l’essere in quanto essere in universale, ma, dopo aver delimitato una parte di esso, ciascuna studia le caratteristiche di questa parte. Così fanno, ad esempio, le matematiche. Orbene, poiché ricerchiamo le cause e i princìpi supremi, è evidente che questi devono essere cause e princìpi di una realtà che è per sé. Se, dunque, anche coloro che ricercavano gli elementi degli esseri, ricercavano questi princìpi (supremi), necessariamente quegli elementi non erano elementi dell'essere accidentale, ma dell'essere come essere. Dunque, anche noi dobbiamo ricercare le cause prime dell’essere.” (Aristotele, “Metafisica”, IV, 1, 20-30) “La scienza dell’essere in quanto essere” è per Aristotele la “filosofia prima”, detta poi “Metafisica”. E quando egli indica i “Naturalisti” come coloro che ricercando gli elementi originari dell’essere, ricercavano anch’essi i principi supremi, li definisce implicitamente filosofi. Ecco perché si fa risalire a costoro – da Talete in poi – l’inizio della storia della filosofia, anche se la loro ricerca dei principi naturali era da intendersi come episteme (scienza). In tal senso, la dottrina filosofica relativa ai caratteri universali dell'ente, la ‘prima filosofia’ di Aristotele, è considerata il fondamento di ogni sistema oggettivistico, vale a dire il fondamento classico dell’ontologia.
Se noi volevamo differenziare l’essere (ontologia) dal linguaggio (logica), come dire il fattuale dal concettuale, dobbiamo tenere presente che tracciare una linea di confine tra i due “campi”, seppure può rispondere al senso comune, che ne intuisce la differenza, da un punto di vista logico – ed ecco che siamo già finiti in questo campo – pone problemi di non facile soluzione nella prospettiva filosofica. Ogni ontologia, infatti, è caratterizzata dal fatto che gli enti della natura vengono sempre visti (eidos) nello specchio del linguaggio della mente, il pensiero. In greco, εἶδος (eidos) significa "forma", "idea", “visione”. Esiste il mondo, oltre l’immagine che abbiamo (di esso)? E se non esiste, questa nostra visione da dove deriva? Da “quel luogo oltre il cielo, che nessuno dei poeti di quaggiù ha mai cantato né mai canterà in maniera degna.”

Silvio Minieri ha detto...

Ma che cosa pensava Kant di questo luogo decantato da Platone nel “Fedro” (247c)?
“Platone si servì dell’espressione idea in modo, che si vede bene che per essa egli intendeva qualcosa, che non soltanto non è ricavato mai dai sensi, ma sorpassa anche di gran lunga i concetti dell’intelletto, di cui si occupò Aristotele, in quanto che nell’esperienza non s’incontra mai nulla che vi sia adeguato. Le idee sono per lui gli archetipi delle cose stesse, e non semplici chiavi per le esperienze possibili, come le categorie. Secondo il suo pensiero, esse emanarono dalla ragione suprema, donde vennero partecipate alla ragione umana, la quale, per altro, non si trova più nel suo stato originario, ma deve ora a fatica richiamare le antiche idee, già molto oscurate, per mezzo della reminiscenza (cioè la filosofia). Non entrerò qui in un’indagine letteraria, per stabilire il senso, che il sublime filosofo annetteva a questa espressione. Noto soltanto, che non è niente insolito, tanto nella conversazione comune quanto negli scritti, mediante il confronto dei pensieri, che un autore espone sul suo oggetto, intenderlo magari meglio, che egli non intendesse sé medesimo, in quanto egli non determinava abbastanza il suo concetto, e però talvolta parlava, o anche pensava, contrariamente alla sua propria intenzione. Platone osservò molto bene, che la nostra attività conoscitiva sente un bisogno ben più alto che compitare semplici fenomeni secondo un’unità sintetica, per poterli leggere come esperienza, e che la nostra ragione naturalmente s’innalza a conoscenze, che vanno troppo in là perché un qualunque oggetto, che l’esperienza può dare, possa mai adeguarvisi, ma che hanno comunque la loro realtà e non sono per nulla semplici chimere. […] Rispetto alla stessa natura Platone vede a ragione manifeste prove della sua origine da idee […] non di meno, codeste idee nell’intelletto supremo stesso stanno ognuna di per sé immutabilmente e interamente determinate, e sono le cause originarie delle cose; e soltanto la totalità del nesso di queste nell’universo è adeguato a quell’idea. Se si toglie quello che vi è di esagerato nell’espressione, lo slancio spirituale del filosofo per sollevarsi dall’osservazione della copia nell’ordine fisico dell’universo al suo sistema secondo scopi, cioè secondo idee, è uno sforzo che merita di essere approvato e imitato. […] Tuttavia, prima di lasciare questa introduzione preliminare, io prego coloro, ai quali sta a cuore la filosofia (ciò che si dice più che comunemente non avvenga), che se dovessero trovarsi convinti di questo e di quel che segue, prendano sotto il loro patrocinio l’espressione idea nel suo significato originario, affinché d’ora innanzi essa non vada confusa tra le altre espressioni, con cui si designa ogni sorta di rappresentazione in un negligente disordine, a scapito della scienza. Non ci mancano di certo denominazioni, che siano convenientemente appropriate a ciascuna specie di rappresentazione, senza dovere a forza usurpare il dominio di un’altra.” (Kant, “Critica della ragion pura”, “Dialettica Trascendentale”, “Idee”.)