venerdì 15 novembre 2024

Filosofia

  


           Il trono eccelso



5 commenti:

Silvio Minieri ha detto...

[N. d. B.]
"Il trono eccelso" si riallaccia a "Libertà e Necessità" del 3 novembre scorso.

Silvio Minieri ha detto...

IL TRONO ECCELSO
L’Uno, l’Intelligenza e l’Anima.

Ma quali sono i sentieri del pensiero, attraverso i quali il discorso di Plotino giunge all’affermazione della libertà dell’Uno, che nella prospettiva della sua riflessione è più che altro un ritorno, prima ancora che un arrivo? Sul problema della libertà divina, così egli scrive: “Nondimeno, dobbiamo avere il coraggio di studiare questo problema negli esseri primi e in Colui che sta al di sopra di tutto: come cioè ogni cosa dipenda da Lui, anche se siamo già d’accordo che Egli possa tutto.” (Enneadi, VI, 8, 1)
Il discorso quindi prende le mosse dall’analisi della libertà nell’uomo: “Esaminiamo innanzi tutto in noi stessi – perché è nostro costume cercare su noi stessi – se qualcosa dipenda dal nostro arbitrio.”
Libero appare tutto quello che noi riconduciamo alla nostra volontà e volontario è ciò che facciamo senza costrizione e con nostra consapevolezza. Uccidere una persona che non si sa essere il proprio padre, non è quindi un atto libero, perché pur essendoci la volontarietà, manca la consapevolezza. L’esempio è ripreso dall’Etica Nicomachea di Aristotele e qui non si può non pensare alla tragedia di Edipo, che non riesce a sfuggire al Fato, la Necessità (Ananche), una forza superiore anche agli dèi, sulla cui libertà Plotino, come vedremo, non mancherà di esporre le sue riflessioni.
Intanto, l’alternativa che si pone è la seguente: “Se al vivente, cioè all’anima, spetta il libero arbitrio perché conosce quello che fa, allora ciò avviene o per opera della sensazione… oppure conosce per mezzo della conoscenza…” Ora, nel primo caso, “che importanza ha questa per il libero arbitrio? La sensazione infatti non può renderci padrone di un’azione, perché essa vede soltanto.” Nel secondo caso, “egli conosce soltanto il fatto compiuto, e anche in questo caso egli vede soltanto.” In verità, se l’anima agisce soltanto sotto un impulso, una passione come tale subita, allora la sua azione non potrà dirsi libera, perché in tale ipotesi la libertà dovrebbe attribuirsi “anche ai fanciulli e alle belve e ai pazzi e ai dementi e alla gente soggetta a malefici e a immagini strane che essi non sanno dominare.” Se però “la ragione agisce contro l’impulso e la conoscenza lo vince, allora bisogna vedere a quale principio esse si riferiscano e in generale dove questo atto si compia.”
Nello schema plotiniano, la ragione vince l’impulso con un impulso contrario ed il filosofo si domanda come questo avviene, osservando che “se una volta placato l’impulso, essa si ferma, e il libero arbitrio si fa consistere in questo, esso non risiederà più nell’azione, ma sarà nell’Intelligenza.”
In questo passaggio come nei precedenti, si rivela il movimento di risalita che dall’Anima, di cui è composto il vivente, arriva all’Intelligenza, secondo un processo di ascesi e purificazione dalle affezioni corporee, proprio della filosofia neoplatonica, che vede nel corpo la prigione dell’anima.

Silvio Minieri ha detto...

Ascoltiamo, dunque, che cosa dice in proposito Plotino: “Alle persone inferiori che agiscono secondo la loro immaginazione [un’affezione corporea] non attribuiremo mai né azioni libere né azioni volontarie, ma attribuiremo l’indipendenza a chi si è liberato dalle passioni del corpo mediante le forze dell’Intelligenza… e diremo infine che la libertà è presente anche negli dèi che vivono in questo modo, cioè secondo l’Intelligenza e secondo impulsi che vengono dall’Intelligenza.”
Ma possiamo definire libero un atto, che compiuto secondo un impulso proveniente dall’Intelligenza, è pur sempre un atto soggetto a costrizione? E il dubbio si estende anche all’Intelligenza e ai divini intellegibili di lassù.
Nella filosofia di Plotino se l’Anima si rivolge all’Intelligenza, l’Intelligenza è volta sempre verso il Bene, l’Uno. Lo schema delle tre Ipostasi rispecchia un po’ la concezione dell’universo greco, formato da una sfera sensibile, la terra dei mortali soggetti a generazione e corruzione, e il cielo dei divini immortali e incorruttibili. E se Aristotele vedeva nel Movente Immobile la sorgente di attrazione, che generava il movimento circolare dei cieli, Plotino pone sul “trono eccelso” l’Uno ovvero il Bene, sulla scia di Platone: “Dunque anche a proposito delle cose intellegibili si può affermare che dal Bene esse ricevono non solo il dono di essere conosciute, ma anche l’esistenza e l’essenza, quantunque il Bene non s’identifichi con l’essenza, ma per dignità e potenza sia superiore anche a questa.” (Repubblica, VI, 509 b)
Se l’Intelligenza discende dall’Uno, allora questa si rivolgerà verso l’Uno non per costrizione, ma spontaneamente, perché in esso vede il proprio Bene. Plotino fa l’esempio dello schiavo che, per costrizione esterna, viene condizionato a fare il bene altrui, quello del padrone, e non il proprio, perché non è libero. “L’Intelligenza ha un principio diverso, questo però non è fuori dall’Intelligenza, ma è nel Bene. Perciò, se l’Intelligenza è conforme al Bene supremo, ancora maggiori saranno in Lei il libero arbitrio e la libertà: infatti ognuno cerca la libertà e il libero arbitrio in vista del Bene.”
In questa prospettiva, la libertà è la via finale verso il Bene, e tanto un’azione è fatta in vista di questo fine, tanto è maggiormente libera, libera da quelle affezioni corporee e passioni umane, che condizionano il vivente, l’anima.
Conclude Plotino: “L’anima dunque diventa libera, quando senza nessun ostacolo, tende al Bene per mezzo dell’Intelligenza: ciò che essa fa per Lui dipende soltanto dal suo libero arbitrio. L’Intelligenza invece è libera per sé stessa, mentre la natura del Bene è di essere il desiderabile in sé, e per Lui posseggono il libero arbitrio le altre cose, qualora possano o raggiungerlo senza ostacoli o possederlo.”

Silvio Minieri ha detto...

L’IDEA DELLA LIBERTÀ
Le chimere oltre il cielo

“Pur nella grande ricchezza delle nostre lingue, il pensatore si trova spesso in imbarazzo nella ricerca di un’espressione che risponda esattamente al suo concetto… Coniare nuovi termini è come una pretesa di dettar leggi nella lingua.” Così si esprime Immanuel Kant nella “Critica della Ragion pura”, e precisamente nel paragrafo “Delle idee in generale” della “Dialettica trascendentale”, dove tratta il “concetto” d’idea. Qui, il filosofo di Königsberg sembra criticare quello che nelle sue opere compie a getto continuo, ossia creare un nuovo linguaggio filosofico, tanto che i suoi esegeti hanno dovuto compilare un glossario per interpretarlo.
(Segue)

Silvio Minieri ha detto...

ERRATA CORRIGE
"Libertà e Necessità" è del 2 novembre u.sc.
Un errore umbratile. Stai zitta, ombra umbratile, e sparisci. Noi siamo seri apparteniamo alla morte . . . volevo dire filosofia, mi fai confondere, vattene. Ciao, Totò. Eccolo! La livella. Fine. Il clown (non Totò), uscito dalla porta, è rientrato dalla finestra. Fine fino alla prossima volta.