MEIN LEID Volai in Danimarca e scesi all’aeroporto, nevicava, la bionda taxista mi accompagnò all’hotel, ogni tanto guardava fuori la neve cadere, e ogni tanto accennava a voltarsi verso di me, sembrava quasi volesse dire fosse una situazione insolita. All’arrivo, le sottrassi bruscamente dalle mani la valigia, che stava ritirando dal bagagliaio, non gradì la scortesia, io pagai la corsa e lei ripartì. Nel primo pomeriggio uscii e mi incamminai verso la Piazza del Municipio, Radhuspladesen, in direzione dello Strøget, la lunga via pedonale del centro della città, nell’aria fiocchi di neve. Fu allora che vidi avanzare verso di me un uomo in cappotto con un ombrello: era lui, Lafleur! “Lei, signor Lafleur!” “Sì”, rispose quegli e mi abbracciò piangendo. L’abbraccio fu lungo, pieno, da farmi svenire dalla gioia: ha mai un autore visto il suo personaggio letterario passeggiare in carne e ossa per le strade di Copenaghen? E quella nevicata? La città è al livello del mare e non nevica mai. Quella neve, non era, o spiriti erranti per il mondo, un avvenimento straordinario?
Sie hören nicht die folgenden Gesänge, Die Seelen, denen ich die ersten sang; Zerstoben ist das freundliche Gedränge, Verklungen ach! der erste Widerklang. 20 Mein Leid ertönt der unbekannten Menge, Ihr Beifall selbst macht meinem Herzen bang, Und was sich sonst an meinem Lied erfreuet, Wenn es noch lebt, irrt in der Welt zerstreuet.
Non più intenderanno i nuovi canti gli spiriti pei quali i miei primi suonai; l’assedio d’ombre amiche è dileguato, l'eco prima dei canti , ahimè, svanita. Risuona il mio dolore per sconosciuta folla, il loro applauso mi fa tremare il cuore, e chi esultante allora era al mio canto erra, se vivente, disperso per il mondo.
La strofa è tratta dal Preludio al “Faust”. Mein Leid, il “mio dolore”, è considerato un errore di alcune edizioni e versioni, per cui viene perlopiù letto come Mein Lied, il “mio canto”. Io preferisco la lettura di Giuliano Manacorda (Leid), che nel difendere la sua tesi, ricorda l’approvazione del filologo tedesco Konrad Burdach, interprete di Goethe. Questa mia preferenza ha peraltro una spiegazione, che riscontriamo nel mio “Mein Leid”, come ho intitolato il pezzo. E invero, se consideriamo l’incontro straordinario tra Lafleur e il suo autore, riusciamo a comprendere l’animo dolorante, il dolore (Leid) dell’autore, nell’avere smarrito il suo personaggio. Ecco perché il ritrovamento della sua creatura e il forte abbraccio di gioia lo porta alle soglie dello svenimento. Appare scontata l’obiezione che tutto il mio raccontino deve ricondursi alla finzione dell’opera letteraria. Ma, in realtà, è stato proprio il mio scendere nella finzione letteraria, che rende vera la scena finta. Come dice Pessoa, il poeta è un fingitore, uno che raffigura (fingere dal latino figere, raffigurare), e quindi, si potrebbe dire, le sue creature letterarie, compreso sé stesso in veste di personaggio, sono soltanto figure senz’anima. Ebbene chi sostiene questa tesi non riesce a comprendere quanto dice Benedetto Croce sulla creazione artistica, che qui giova ripetere: “In ogni accento di poeta, in ogni creatura della sua fantasia, c’è tutto l’umano destino, tutte le speranze, le illusioni, i dolori e le gioie, le grandezze e le miserie umane, il dramma intero del reale, che diviene e cresce in perpetuo sé stesso, soffrendo e gioiendo.” (“Breviario di Estetica”) E il cuore metallico, allora? Lafleur è incommovibile, però fugge a Copenaghen, incontra il suo autore, in veste di personaggio, e lo abbraccia piangendo. Non è una contraddizione questa? No, non lo è. Se andiamo a leggerci tutta la storia dell’uomo differito, peraltro ultramillenaria, o almeno il sommario pubblicato a parte, non incontriamo affatto una fuga di Lafleur a Copenaghen. Fuggendo dal manicomio di Aleph a Roma, Lafleur si rifugia a Torino e poi espatria in Sud America, ma non si parla affatto di un suo arrivo in Danimarca. E allora? Allora, nel mondo della fantasia tutto è possibile anche l’impossibile, ovviamente l’impossibile reale, per esempio un uomo in volo. Ma come, non avete mai visto un uomo volare? No, non lo abbiamo mai visto e non vogliamo vederlo. E allora, chiudete gli occhi, e vedrete Lafleur volare a Copenaghen, inseguito dal suo autore, che poi fa finta, è il caso di dire che finge d’incontrarlo, e i due si abbracciano, Lafleur si scioglie in lacrime, recita! Don Josè, ma che storia è mai questa? E adesso, chi è don Josè? È il caudillo della Regina mandato a guidare la sollevazione dei popoli meridionali… assiste il Pulcinella morente. Come? Ricordate la morte di Lafleur a Ponte? No. Ebbene, rievochiamola! E poi domandiamoci: don Josè, ma che storia è mai questa? Non sapevamo neppure della recita di Lafleur morente!
POSTILLA Per capire l’evocazione della figura di don Josè – ma che storia è mai questa? – bisogna aver visto il film “O’ re”, in lingua napoletana, con Giancarlo Giannini e Ornella Muti, regia Luigi Magni. “Francesco II di Borbone, in esilio a Roma insieme alla moglie Maria Sofia, è tormentato dal pensiero di non esser stato in grado di svolgere il proprio compito di sovrano. La moglie, intanto, non si dà per vinta e mira a recuperare il potere.” Il film (1989) è reperibile per intero su YouTube. È verosimile che io fossi sotto l’influsso delle scene di quel film, quando ho scritto il pezzo “Mein Leid”, e ho voluto esteriorizzare quelle esperienze vissute di partecipazione visiva ed emozionale ad uno spettacolo d’arte, un prodotto dello spirito, per Gadamer un supplemento d’essere. Dico questo, perché in questo periodo sono influenzato dalla fenomenologia di Husserl, un interesse suscitato dall’accostamento tra psichiatria e fenomenologia, operato dai cultori di questa scienza – vedi ultimo paragrafo Post del 28 agosto 2025.
LAFLEUR MORENTE Sono entrato nel salone. Il barbiere, che stava insaponando il viso di un cliente, si è voltato a guardarmi, ma non ha risposto al mio cenno di saluto. Ho guardato nello specchio il cliente col viso insaponato, che mi ha restituito l'occhiata: era il senatore Cottonillo. Avevo imparato a conoscere quella espressione del volto, a cui le folte sopracciglia scure ed i grossi baffi spioventi conferivano quell'aria di austerità, che il personaggio poi tanto bene interpretava ed ostentava nel suo contegno sia in privato che in pubblico. Nel salone era lui, in quel momento, la persona degna di maggior riguardo, come ben mostravano di capire anche gli altri clienti in attesa. La mia particolarità di forestiero, a Ponte, sebbene soggiornante ormai da oltre cinque mesi, mi avrebbe concesso il primato dell'attenzione, soltanto in sua assenza. (continua)
L’ANGOLO DEI GIOCHI Per capire il gioco, bisogna avere seguito la parte finale del gioco a premi, “Reazione a catena”, che va in onda su Canale 1, poco prima del telegiornale delle H 20,00.
VISURA C ALBO C UFFICIO D IDENTITÀ D SOTTRAZIONE M TRIBUNALE I MEDIEVALE
Quale parola che inizia con la “C” si lega a VISURA ed ALBO? E così via nella risoluzione della catena, una parola tira l’altra. Aiutino, per la prima parola: non è CATASTALE. Suggerimento: Cfr. post del 7 settembre.
‘Kde domov muj’? ‘Dov’è la mia patria?’ Non è un inno di guerra, non auspica la rovina di nessuno, canta senza retorica il paesaggio della Boemia con i suoi colli e pendii, le pianure e le betulle, i pascoli e i tigli ombrosi, i piccoli ruscelli. Canta il paese dove siamo a casa nostra, è stato bello difendere questa terra, bello amare la nostra patria (Milena Jesenskà)
Copenaghen
Bruxelles Louiza
“Dobbiamo pensare che ciascuno di noi, esseri viventi, è come una prodigiosa marionetta realizzata dalla divinità, per gioco o per uno scopo serio, questo non lo sappiamo." (Platone, Leggi, 1, 644e)
5 commenti:
MEIN LEID
Volai in Danimarca e scesi all’aeroporto, nevicava, la bionda taxista mi accompagnò all’hotel, ogni tanto guardava fuori la neve cadere, e ogni tanto accennava a voltarsi verso di me, sembrava quasi volesse dire fosse una situazione insolita. All’arrivo, le sottrassi bruscamente dalle mani la valigia, che stava ritirando dal bagagliaio, non gradì la scortesia, io pagai la corsa e lei ripartì. Nel primo pomeriggio uscii e mi incamminai verso la Piazza del Municipio, Radhuspladesen, in direzione dello Strøget, la lunga via pedonale del centro della città, nell’aria fiocchi di neve. Fu allora che vidi avanzare verso di me un uomo in cappotto con un ombrello: era lui, Lafleur! “Lei, signor Lafleur!” “Sì”, rispose quegli e mi abbracciò piangendo. L’abbraccio fu lungo, pieno, da farmi svenire dalla gioia: ha mai un autore visto il suo personaggio letterario passeggiare in carne e ossa per le strade di Copenaghen? E quella nevicata? La città è al livello del mare e non nevica mai. Quella neve, non era, o spiriti erranti per il mondo, un avvenimento straordinario?
Sie hören nicht die folgenden Gesänge,
Die Seelen, denen ich die ersten sang;
Zerstoben ist das freundliche Gedränge,
Verklungen ach! der erste Widerklang. 20
Mein Leid ertönt der unbekannten Menge,
Ihr Beifall selbst macht meinem Herzen bang,
Und was sich sonst an meinem Lied erfreuet,
Wenn es noch lebt, irrt in der Welt zerstreuet.
Non più intenderanno i nuovi canti
gli spiriti pei quali i miei primi suonai;
l’assedio d’ombre amiche è dileguato,
l'eco prima dei canti , ahimè, svanita.
Risuona il mio dolore per sconosciuta folla,
il loro applauso mi fa tremare il cuore,
e chi esultante allora era al mio canto
erra, se vivente, disperso per il mondo.
La strofa è tratta dal Preludio al “Faust”. Mein Leid, il “mio dolore”, è considerato un errore di alcune edizioni e versioni, per cui viene perlopiù letto come Mein Lied, il “mio canto”. Io preferisco la lettura di Giuliano Manacorda (Leid), che nel difendere la sua tesi, ricorda l’approvazione del filologo tedesco Konrad Burdach, interprete di Goethe. Questa mia preferenza ha peraltro una spiegazione, che riscontriamo nel mio “Mein Leid”, come ho intitolato il pezzo. E invero, se consideriamo l’incontro straordinario tra Lafleur e il suo autore, riusciamo a comprendere l’animo dolorante, il dolore (Leid) dell’autore, nell’avere smarrito il suo personaggio. Ecco perché il ritrovamento della sua creatura e il forte abbraccio di gioia lo porta alle soglie dello svenimento. Appare scontata l’obiezione che tutto il mio raccontino deve ricondursi alla finzione dell’opera letteraria. Ma, in realtà, è stato proprio il mio scendere nella finzione letteraria, che rende vera la scena finta. Come dice Pessoa, il poeta è un fingitore, uno che raffigura (fingere dal latino figere, raffigurare), e quindi, si potrebbe dire, le sue creature letterarie, compreso sé stesso in veste di personaggio, sono soltanto figure senz’anima. Ebbene chi sostiene questa tesi non riesce a comprendere quanto dice Benedetto Croce sulla creazione artistica, che qui giova ripetere: “In ogni accento di poeta, in ogni creatura della sua fantasia, c’è tutto l’umano destino, tutte le speranze, le illusioni, i dolori e le gioie, le grandezze e le miserie umane, il dramma intero del reale, che diviene e cresce in perpetuo sé stesso, soffrendo e gioiendo.” (“Breviario di Estetica”)
E il cuore metallico, allora? Lafleur è incommovibile, però fugge a Copenaghen, incontra il suo autore, in veste di personaggio, e lo abbraccia piangendo. Non è una contraddizione questa? No, non lo è. Se andiamo a leggerci tutta la storia dell’uomo differito, peraltro ultramillenaria, o almeno il sommario pubblicato a parte, non incontriamo affatto una fuga di Lafleur a Copenaghen. Fuggendo dal manicomio di Aleph a Roma, Lafleur si rifugia a Torino e poi espatria in Sud America, ma non si parla affatto di un suo arrivo in Danimarca. E allora?
Allora, nel mondo della fantasia tutto è possibile anche l’impossibile, ovviamente l’impossibile reale, per esempio un uomo in volo. Ma come, non avete mai visto un uomo volare? No, non lo abbiamo mai visto e non vogliamo vederlo. E allora, chiudete gli occhi, e vedrete Lafleur volare a Copenaghen, inseguito dal suo autore, che poi fa finta, è il caso di dire che finge d’incontrarlo, e i due si abbracciano, Lafleur si scioglie in lacrime, recita! Don Josè, ma che storia è mai questa? E adesso, chi è don Josè? È il caudillo della Regina mandato a guidare la sollevazione dei popoli meridionali… assiste il Pulcinella morente. Come? Ricordate la morte di Lafleur a Ponte? No. Ebbene, rievochiamola! E poi domandiamoci: don Josè, ma che storia è mai questa? Non sapevamo neppure della recita di Lafleur morente!
POSTILLA
Per capire l’evocazione della figura di don Josè – ma che storia è mai questa? – bisogna aver visto il film “O’ re”, in lingua napoletana, con Giancarlo Giannini e Ornella Muti, regia Luigi Magni. “Francesco II di Borbone, in esilio a Roma insieme alla moglie Maria Sofia, è tormentato dal pensiero di non esser stato in grado di svolgere il proprio compito di sovrano. La moglie, intanto, non si dà per vinta e mira a recuperare il potere.” Il film (1989) è reperibile per intero su YouTube. È verosimile che io fossi sotto l’influsso delle scene di quel film, quando ho scritto il pezzo “Mein Leid”, e ho voluto esteriorizzare quelle esperienze vissute di partecipazione visiva ed emozionale ad uno spettacolo d’arte, un prodotto dello spirito, per Gadamer un supplemento d’essere. Dico questo, perché in questo periodo sono influenzato dalla fenomenologia di Husserl, un interesse suscitato dall’accostamento tra psichiatria e fenomenologia, operato dai cultori di questa scienza – vedi ultimo paragrafo Post del 28 agosto 2025.
LAFLEUR MORENTE
Sono entrato nel salone. Il barbiere, che stava insaponando il viso di un cliente, si è voltato a guardarmi, ma non ha risposto al mio cenno di saluto. Ho guardato nello specchio il cliente col viso insaponato, che mi ha restituito l'occhiata: era il senatore Cottonillo. Avevo imparato a conoscere quella espressione del volto, a cui le folte sopracciglia scure ed i grossi baffi spioventi conferivano quell'aria di austerità, che il personaggio poi tanto bene interpretava ed ostentava nel suo contegno sia in privato che in pubblico. Nel salone era lui, in quel momento, la persona degna di maggior riguardo, come ben mostravano di capire anche gli altri clienti in attesa. La mia particolarità di forestiero, a Ponte, sebbene soggiornante ormai da oltre cinque mesi, mi avrebbe concesso il primato dell'attenzione, soltanto in sua assenza.
(continua)
L’ANGOLO DEI GIOCHI
Per capire il gioco, bisogna avere seguito la parte finale del gioco a premi, “Reazione a catena”, che va in onda su Canale 1, poco prima del telegiornale delle H 20,00.
VISURA
C
ALBO
C
UFFICIO
D
IDENTITÀ
D
SOTTRAZIONE
M
TRIBUNALE
I
MEDIEVALE
Quale parola che inizia con la “C” si lega a VISURA ed ALBO? E così via nella risoluzione della catena, una parola tira l’altra. Aiutino, per la prima parola: non è CATASTALE. Suggerimento: Cfr. post del 7 settembre.
Posta un commento