sabato 6 settembre 2025

Soliloquio

      

                  

            La minaccia dell'albero




2 commenti:

Silvio Minieri ha detto...

LA MINACCIA DELL’ALBERO
Il lettore di ieri – l’ieri del blog – si aspetterà il seguito del racconto del giardino degli assoluti, ovvero la seconda determinazione – ahi! sono stato punto da una zanzara al braccio, adesso metto l’unguento “dopo puntura” e via! Purtroppo, io scrivo di notte, ma il mio notturno scrivere turba il sonno dei dormienti, e quindi questa notte non ho potuto scrivere, e allora mi sono dato alla lettura della fenomenologia di Husserl – quello dallo sguardo severo dell’immagine di ieri, ricordate? È sparito, ma ricomparirà presto. Intanto, ora, con le idee schiarite, posso parlare di fenomenologia, associata alla psichiatria, come dire del fenomeno puro della follia. Rimando a un apposito studio più approfondito il tema della psichiatria e fenomenologia, che avevo approcciato partendo dall’analisi dei sogni, in particolare dal racconto incompiuto “Il sangue e la fiamma”, post del 2 luglio scorso. Ora, premettendo solo brevi nozioni della dottrina husserliana, mi limiterò a descrivere il fenomeno della follia dell’albero. In un suo saggio, “Psicologia e Fenomenologia” (1917), Edmund Husserl scrive: “La psicologia è scienza dell’esperienza obiettiva. E proprio questo la fenomenologia non lo sarà mai e in nessun caso. Ogni realtà esterna alla coscienza […] vale per il fenomenologo come un elemento adiaforo [indifferente], egli non prende posizione su una tale questione, non la pone e non la rifiuta. Egli traduce ogni realtà esterna alla coscienza per così dire nel fenomenico, non la realtà fa parte del suo tema, bensì la “realtà apparente” come tale, l’esperito, il fantasticato, il vuoto rappresentato”. In proposito rimando all’ultimo paragrafo – Psichiatria Fenomenologica – del post del 28 agosto 2025: “Psichiatria” e ad altri futuri commenti su questa dottrina.
Alla luce di quanto detto, parliamo della realtà apparente, i fenomeni coscienziali, che trovano una loro particolare applicazione nel campo dei sogni, e come abbiamo visto, anche nella psichiatria fenomenologica, che cura in maniera empatica le psicopatie con il metodo fenomenologico. Se il sogno è un’apparenza, come dire un’esperienza della coscienza interiore, tali devono ritenersi, quindi, anche le visioni fantasticate. Tratterò quindi una mia visione fantasticata come un sogno, quella dell’alba dell’altra notte, relativa all’incubo della follia dell’albero. Ora le piante, come vegetali, non sono dotate del movimento come le specie animali, ma restano fisse sul terreno, in cui affondano le loro radici. Ebbene, riflettendo sull’albero che appartiene al mondo esteriore e che viene tradotto come apparenza, fenomeno, nella coscienza interiore, ho immaginato che un albero del sottostante parco giardino, dov’è situato l’immobile in cui vivo, venisse percepito della mia coscienza. Ed a questo punto è scattata la follia.

Silvio Minieri ha detto...

L’albero si è mosso minaccioso, e dal parco è volato su rapidamente fino al quarto piano, penetrando nella mia camera da letto, attraverso la finestra chiusa, ed era ancora buio. Era una tipica scena da film dell’orrore, ed io vivevo questa scena, non assistevo al film. Ecco perché, colto da vera subitanea angoscia, mi sono alzato rapidamente dal letto e sono sceso dalla scala interna al piano di sotto. Qui, in un angolo del salone, mi sono seduto al tavolino davanti al computer, e prima di accenderlo, ho guardato verso la scala e ho visto l’albero scendere e venirmi addosso, ma era già un ricordo della mia fantasticheria, che io equiparo ad un sogno, un incubo, che ti lascia quella sensazione di paura al risveglio. Sto dicendo il vero? Diciamo che ho parlato di vera angoscia, in realtà si trattava di inquietudine, ma dovuta a che cosa?
Da un punto di vista fenomenologico, anche la paura, l’inquietudine, l’angoscia ed altre agitazioni dello spirito sono dei fenomeni coscienziali, ed ecco perché, specie per questi ultimi fenomeni, la fenomenologia ha trovato applicazione nella psichiatria. Ora, dovrei passare all’interpretazione della fantasticheria equiparata ad un sogno incubo. E posso farlo attraverso l’analisi freudiana, oppure il simbolismo di Jung, ma secondo i miei ultimi studi, anche secondo il metodo fenomenologico esistenziale, quello di Binswanger e Foucault, che si rifanno ad Husserl e Heidegger.
L’albero che mi perseguitava nel sogno soltanto fantasticato e non sognato è un incubo della mia coscienza. Quale? Una minaccia incombente? Sì, nel sogno, in cui si riversa l’esistenza, e che al risveglio si presenta come immagine e ricordo.
Ovviamente resta la curiosità della genesi della fantasticheria, che va oltre la semplice riflessione, quella di guardare un albero del mondo esteriore ed avere la coscienza interiore dell’immagine, la parvenza dell’albero, non la sua realtà. E l’inquietudine? Chi si nasconde nell’albero e vola minaccioso verso di me?
Vediamo le immagini finali di un film famoso: “Il buio oltre la siepe”, interpretato da Gregory Peck. Il film è tratto dal romanzo di Harper Lee, ambientato nell'Alabama degli anni '30, e narra la storia vista attraverso gli occhi innocenti di una bambina, Scout, figlia di Atticus Finch. Il padre è un avvocato che difende Tom Robinson, un uomo di colore accusato ingiustamente di stupro, rivelando il razzismo e l'ipocrisia della società locale dell’epoca. Durante il processo, Atticus dimostra l'innocenza di Tom, rivelando che a maltrattare Mayella è stato il padre stesso, Bob Ewell, accortosi dell’attrazione della ragazza per l’uomo di colore. Nel finale Bob Ewell, rancoroso e vendicativo, aggredisce e tenta di uccidere i due bambini Finch, dopo una festa di Halloween, ma vengono salvati dall'intervento di Boo Radley, un loro vicino che abita recluso e invisibile agli occhi dei bambini, nel buio oltre la siepe della loro casa.
Nella fuga, i bambini corrono inseguiti dall’aggressore, Scout si salva da una coltellata, perché indossa ancora il costume della festa, a forma di prosciutto. Alla fine, Scout accompagna il loro salvatore a casa: “Arrivammo sotto il lampione all'angolo, e io pensai a quante volte avevamo fatto quel percorso, Dill, Jem ed io. Per la seconda volta nella mia vita varcai il cancello di casa Radley. Boo ed io salimmo i gradini fino al portico. Le sue dita trovarono la maniglia della porta. Mi lasciò dolcemente la mano,
aprì la porta; entrò, e si chiuse l'uscio alle spalle. Non lo rividi mai più. I vicini recano cibo in caso di morte e fiori in caso di malattia e qualche piccola cosa fra l'una e l'altra. Boo era nostro vicino, ci aveva regalato due bambole di sapone, un orologio rotto, un paio di monetine portafortuna e le nostre vite.”