mercoledì 3 settembre 2025

Narrativa

 


        Il giardino degli assoluti




3 commenti:

Silvio Minieri ha detto...

[N. d. B.]
Presento un’anteprima del racconto narrativo discorsivo: “Il giardino degli assoluti”, limitato alla prima delle quattro “determinazioni”. Come risulta chiaro, “L’enigma dell’epigrafe” è un addendum della prima determinazione.

Silvio Minieri ha detto...

IL GIARDINO DEGLI ASSOLUTI

LA PRIMA DETERMINAZIONE
Devo la scrittura di questo racconto alla lettura di alcune pagine di Borges, o meglio ad una scorsa soltanto di alcune sue storie, parte della raccolta “Il manoscritto di Brodie”. La prima, “L’Intrusa”, l’avevo letta tempo fa, e nel rileggere l’inizio mi sono ricordato della trama, ed allora sono saltato alla fine. Il sigillo finale è l’abbraccio dei due fratelli, dopo l’eliminazione della donna che li divide, l’intrusa. Ho perso un po' di tempo per rendermi conto, ma lo sospettavo, che la citazione in epigrafe era finta: “Il secondo libro dei Re, 1, 26”. Ma la mia piccola ricerca biblica mi ha fornito il nome di un diavolo, il suo ascendente, Baal-Zebùb, dio di Ekron. E non è stato un caso che il cucciolo di Asmodeo, Asmodeino, mentre mi accingevo a scrivere, mi abbia guardato indeciso se scegliere di restare con me o salire al piano di sopra, dal suo padrone, che non è Asmodeo. Ha scelto l’altro da me ed è salito su di corsa, arrampicandosi a quattro zampe. Ora ho due nomi di diavoli, nel mio giardino degli assoluti, uno era divenuto abituale, Asmodeo, l’altro giunto come un intruso, Belzebù. E dovrò trovare un angolo del giardino, dove sistemare questa nuova divinità filistea, non so ancora dove. Immagino che la rivedrò andare in giro a fine estate e anche prima, ma è ancora inverno. Nel tempo del racconto, sappiamo, le stagioni si rincorrono ed incontrano, ed io comincio da quella vuota estate di tre anni fa, l’afa agostana senza ristoro, nell’ora del meriggio, apparve dietro i cancelli laterali, era Lilith?
Ogni assoluto è absolutus, sciolto da ogni determinazione, e la figura femminile giovanissima era l’unica determinazione dell’assoluto vuoto del giardino. Devo assolutamente trovarle un nome, senza rigirare attorno alle parole: Lilith, anche se non era e non poteva essere Lilith. “Mi hanno fatto del male” disse, no, non disse così. “Le hanno fatto del male” disse ed alludeva a sé bambina, perché agli occhi dell’uomo, che l’aveva incontrata, appariva bambina. L’uomo si avviò per allontanarsi, e lei lo seguì, quasi voleva aggrapparsi a lui, unica risorsa vivente di quel vuoto giardino d’estate. Ecco, se si fosse fermato e non fosse andato via, egli avrebbe incontrato Lilith, sebbene la ragazza, che non era Lilith, gli dovesse dire ancora qualcosa, che l’uomo già sapeva. Ecco perché andava via, l’avrebbe rivista in una diversa stagione in compagnia di un’amica, ma forse non era lei, e se lo era, non era più sola.
Una placca in terracotta del II millennio a.C. raffigura Lilith, la dea dalle ali di morte, nelle mani i simboli della giustizia, sorretta da due leoni, tra due gufi, i ciuffi di piume sulle orecchie, segni che li distinguono dalle civette. Era questa immagine l’archetipo del male, che tiene insieme la sofferenza e la colpa, la forza del leone e il funesto presagio augurale dei gufi, nell’ordine della giustizia? L’immagine di questa dea è il negativo disarmonico di ogni fanciulla d’estate, di quella Lilith che non era la dea, la cui immagine ci raggiunge dalla lontananza di oltre quattromila anni.

Silvio Minieri ha detto...

L’ENIGMA DELL’EPIGRAFE
Nel riprendere, dopo sette mesi, la stesura di questo racconto, ho dovuto riscontrare un anacoluto, uso il termine in maniera impropria, per indicare quello che definisco “un lasciato in sospeso”, un “vuoto di spiegazione”, variando con una metafora la locuzione proverbiale “vuoto di memoria”. Non ero riuscito a risolvere l’enigma dell’epigrafe, che Borges aveva premesso al racconto “L’intrusa”, ed ero giunto a una errata soluzione, ritenendo che lo scrittore argentino avesse posto una citazione biblica di finzione. Ma come si dice nella ricerca scientifica, “provando e riprovando”, alla fine ho risolto l’enigma.
(Segue)