LO STUDIO DEI NUMERI Allora, riprendiamo il discorso aritmetico su √1.000.000 = 1. Prima, stabiliamo i simboli: 1 milione = a; poi scriviamo la tesi da dimostrare: √a = 1; quindi, due espressioni aritmetiche uguali √a x 0 + 1 – 0/0 = 1; √a x 0 + 1 – 0/0 = √a. Se dimostriamo l’eguaglianza dei due diversi risultati, avremo √a = 1. Prima dimostrazione: radice quadrata di a per zero, uguale zero, più uno, uguale uno, meno la frazione 0/0, uguale uno. Infatti, la divisione 0:0 è impossibile, perché qualsiasi numero diviso zero, diciamo, dà un risultato che si perde all’infinito, e quindi il quoziente non è misurabile. Seconda dimostrazione: radice quadrata di a per zero 0, uguale radice quadrata di a; un numero moltiplicato per zero non dà zero, ma rimane inalterato. È un chiaro errore per la matematica moderna, non per quella indiana del VII secolo, che scoprì lo zero come numero, introducendolo nell’aritmetica. In proposito rimando ai post del 2, 5, 7 giugno 2024: “Aritmetica dello zero”, “Le regole oscure”, “Un’eresia matematica”. In particolare, riprendo le regole della divisione e moltiplicazione per zero, enunciate da Bhaskar (XI sec.) nel suo trattato LÌLÀVATÌ. “Una quantità definita divisa per zero è il sottomultiplo di zero.” [n ÷ 0 = n/0]. Il prodotto di [una quantità moltiplicata per] zero è zero [n x 0 = 0], ma deve essere mantenuto come un multiplo di zero [n x 0 = n], se impiegato come termine per una successiva operazione. [es. 14 x 0 = 0; 14 x 0 + 7 = 21] Essendo zero divenuto un moltiplicatore, se zero diventasse un divisore, la quantità intera deve intendersi immutata.” [n x 0 = n ≅ n ÷ 0 = n] Si deve aggiungere perché 0: 0 = 1. Se n = 1, 1 x 0 = 0, e quindi 0: 0 = 1 La traduzione degli enunciati in simboli matematici serve a chiarire gli enunciati stessi. Obiezioni: “Una quantità definita divisa per zero è il sottomultiplo di zero.” L'affermazione è falsa. La divisione per zero è un'operazione impossibile in matematica e non ha senso. Non è possibile definire un sottomultiplo o un risultato per la divisione di un numero finito per zero, né per zero diviso zero. Perché è impossibile: La divisione è l'operazione inversa della moltiplicazione. Per definizione, per ogni divisione a ÷ b = c deve essere vero che b x c = a. Se provassimo a dividere un numero finito n per zero (n ÷ 0 = q) dovremmo avere 0 x q = n. Poiché nessun numero moltiplicato per zero può dare un risultato diverso da zero, l'operazione è impossibile. Il caso di 0 ÷ 0: Anche la divisione di zero per zero è impossibile. In questo caso, qualsiasi numero moltiplicato per zero darebbe zero, quindi non esisterebbe un'unica soluzione, mentre un'operazione matematica deve avere una risposta unica.
Perché allora, nell’XI secolo, Bhaskar dice il contrario o quasi? Perché la matematica ha fatto progressi? Soprattutto che significato ha lo zero in matematica, tranne il voto 0 che sì dà a scuola ai negati per la matematica, ossia ai poeti? Ogni discorso sulla divisione, come operazione aritmetica, nasce dall’osservazione che la divisione è l’operazione inversa della moltiplicazione, e viceversa. E tutto fila liscio, fino a quando Brahmagupta, nel VII secolo, non introduce lo 0 nel calcolo delle operazioni aritmetiche. Come considerare lo zero? Un niente numerico, un numero vuoto? Se zero è niente, non aggiunge o sottrae nulla a un numero: 4 + 0 = 4; - 4 + 0 = - 4; 4 -0 = 4; - 4 - 0 = - 4. Qual errore, se lo vogliamo ritenere tale, si annida in questo ragionamento? Lo 0 come numero nasce proprio dal risultato di quantità sottratte a zero, che si colorano di rosso nei conti correnti bancari: 0 - n = - n. La variazione dello zero, allora, dipende dalla sua posizione nella sequenza delle operazioni aritmetiche. È questo il motivo per cui Bhaskar dice “Il prodotto di [una quantità moltiplicata per] zero è zero [n x 0 = 0], ma deve essere mantenuto come un multiplo di zero [n x 0 = n], se impiegato come termine per una successiva operazione. [es. 14 x 0 = 0; 14 x 0 + 7 = 21]. In sostanza, il numero iniziale della sequenza delle operazioni aritmetiche, seguito dallo zero nelle moltiplicazioni e divisioni, non scompare o rende impossibile il prosieguo, ma prosegue inalterato. Ecco perché nella sequenza √a x 0 + 1 – 0/0 = √a il √a x 0 rimane inalterato. E adesso concludiamo con 0/0= 1. La divisione zero diviso zero [0÷ 0] è impossibile, perché qualsiasi numero moltiplicato per zero darebbe zero [n x 0 = 0], quindi non esisterebbe un'unica soluzione, mentre una operazione matematica deve avere una risposta unica. Il primo a fare la divisione dello zero è stato Brahmagupta: zero diviso zero è zero. Questo viene considerato come l’errore di Brahmagupta. Eppure, se scriviamo la sequenza: 0 + 0 = 0; 0 - 0 = 0; 0 x 0 = 0; ..., nel proporla come un quiz, chi è che non scrive il quarto termine 0 ÷ 0 = 0? Si obietta se n x 0 = 0, allora 0 ÷ 0 = n, come dire infiniti risultati. Quest’ultima obiezione, se rimossa, conduce alla scelta del risultato, che nelle operazioni aritmetiche non si scopre, ma si presuppone. Perché 1 + 1 = 2, e non 1+1 = 1+1? È un capriccio poetico che merita 0 in matematica? Infatti, durante il compito in classe, il maestro grida: “Quando finirete di fare il pagliaccio!” Due e due quattro quattro e quattro otto otto e otto fanno sedici... Ripetete! Dice il maestro Due e due quattro quattro e quattro otto otto e otto fanno sedici. Ma ecco l'uccello-lira che passa nel cielo il bambino lo vede il bambino l'ascolta il bambino lo chiama: Salvami gioca con me uccello! Allora l'uccello discende e gioca con il bambino Due e due quattro... Ripetete! Dice il maestro e gioca il bambino e l'uccello gioca con lui... Quattro e quattro otto otto e otto fan sedici e sedici e sedici che fanno? Niente fanno sedici e sedici e soprattutto non fanno trentadue in ogni modo se ne vanno. E il bambino ha nascosto l'uccello nel suo banco e tutti i bambini ascoltano la sua canzone e tutti i bambini ascoltano la musica e otto e otto a loro volta se ne vanno e quattro e quattro e due e due a loro volta abbandonano il campo e uno e uno non fanno né uno né due uno a uno egualmente se ne vanno. E gioca l'uccello-lira e il bambino canta e il professore grida: Quando finirete di fare il pagliaccio! Ma tutti gli altri bambini ascoltano la musica e i muri della classe tranquillamente crollano. E i vetri diventano sabbia l'inchiostro ritorna acqua i banchi ritornano alberi il gesso ridiventa scoglio la penna ridiventa uccello.
‘Kde domov muj’? ‘Dov’è la mia patria?’ Non è un inno di guerra, non auspica la rovina di nessuno, canta senza retorica il paesaggio della Boemia con i suoi colli e pendii, le pianure e le betulle, i pascoli e i tigli ombrosi, i piccoli ruscelli. Canta il paese dove siamo a casa nostra, è stato bello difendere questa terra, bello amare la nostra patria (Milena Jesenskà)
Copenaghen
Bruxelles Louiza
“Dobbiamo pensare che ciascuno di noi, esseri viventi, è come una prodigiosa marionetta realizzata dalla divinità, per gioco o per uno scopo serio, questo non lo sappiamo." (Platone, Leggi, 1, 644e)
2 commenti:
LO STUDIO DEI NUMERI
Allora, riprendiamo il discorso aritmetico su √1.000.000 = 1. Prima, stabiliamo i simboli: 1 milione = a; poi scriviamo la tesi da dimostrare: √a = 1; quindi, due espressioni aritmetiche uguali √a x 0 + 1 – 0/0 = 1; √a x 0 + 1 – 0/0 = √a. Se dimostriamo l’eguaglianza dei due diversi risultati, avremo √a = 1.
Prima dimostrazione: radice quadrata di a per zero, uguale zero, più uno, uguale uno, meno la frazione 0/0, uguale uno. Infatti, la divisione 0:0 è impossibile, perché qualsiasi numero diviso zero, diciamo, dà un risultato che si perde all’infinito, e quindi il quoziente non è misurabile.
Seconda dimostrazione: radice quadrata di a per zero 0, uguale radice quadrata di a;
un numero moltiplicato per zero non dà zero, ma rimane inalterato. È un chiaro errore per la matematica moderna, non per quella indiana del VII secolo, che scoprì lo zero come numero, introducendolo nell’aritmetica. In proposito rimando ai post del 2, 5, 7 giugno 2024: “Aritmetica dello zero”, “Le regole oscure”, “Un’eresia matematica”. In particolare, riprendo le regole della divisione e moltiplicazione per zero, enunciate da Bhaskar (XI sec.) nel suo trattato LÌLÀVATÌ.
“Una quantità definita divisa per zero è il sottomultiplo di zero.” [n ÷ 0 = n/0].
Il prodotto di [una quantità moltiplicata per] zero è zero [n x 0 = 0], ma deve essere mantenuto come un multiplo di zero [n x 0 = n], se impiegato come termine per una successiva operazione. [es. 14 x 0 = 0; 14 x 0 + 7 = 21]
Essendo zero divenuto un moltiplicatore, se zero diventasse un divisore, la quantità intera deve intendersi immutata.” [n x 0 = n ≅ n ÷ 0 = n]
Si deve aggiungere perché 0: 0 = 1. Se n = 1, 1 x 0 = 0, e quindi 0: 0 = 1
La traduzione degli enunciati in simboli matematici serve a chiarire gli enunciati stessi.
Obiezioni: “Una quantità definita divisa per zero è il sottomultiplo di zero.” L'affermazione è falsa. La divisione per zero è un'operazione impossibile in matematica e non ha senso. Non è possibile definire un sottomultiplo o un risultato per la divisione di un numero finito per zero, né per zero diviso zero.
Perché è impossibile: La divisione è l'operazione inversa della moltiplicazione. Per definizione, per ogni divisione a ÷ b = c deve essere vero che b x c = a. Se provassimo a dividere un numero finito n per zero (n ÷ 0 = q) dovremmo avere 0 x q = n. Poiché nessun numero moltiplicato per zero può dare un risultato diverso da zero, l'operazione è impossibile.
Il caso di 0 ÷ 0: Anche la divisione di zero per zero è impossibile. In questo caso, qualsiasi numero moltiplicato per zero darebbe zero, quindi non esisterebbe un'unica soluzione, mentre un'operazione matematica deve avere una risposta unica.
Perché allora, nell’XI secolo, Bhaskar dice il contrario o quasi? Perché la matematica ha fatto progressi? Soprattutto che significato ha lo zero in matematica, tranne il voto 0 che sì dà a scuola ai negati per la matematica, ossia ai poeti?
Ogni discorso sulla divisione, come operazione aritmetica, nasce dall’osservazione che la divisione è l’operazione inversa della moltiplicazione, e viceversa. E tutto fila liscio, fino a quando Brahmagupta, nel VII secolo, non introduce lo 0 nel calcolo delle operazioni aritmetiche. Come considerare lo zero? Un niente numerico, un numero vuoto? Se zero è niente, non aggiunge o sottrae nulla a un numero: 4 + 0 = 4; - 4 + 0 = - 4; 4 -0 = 4; - 4 - 0 = - 4. Qual errore, se lo vogliamo ritenere tale, si annida in questo ragionamento? Lo 0 come numero nasce proprio dal risultato di quantità sottratte a zero, che si colorano di rosso nei conti correnti bancari: 0 - n = - n. La variazione dello zero, allora, dipende dalla sua posizione nella sequenza delle operazioni aritmetiche. È questo il motivo per cui Bhaskar dice “Il prodotto di [una quantità moltiplicata per] zero è zero [n x 0 = 0], ma deve essere mantenuto come un multiplo di zero [n x 0 = n], se impiegato come termine per una successiva operazione. [es. 14 x 0 = 0; 14 x 0 + 7 = 21]. In sostanza, il numero iniziale della sequenza delle operazioni aritmetiche, seguito dallo zero nelle moltiplicazioni e divisioni, non scompare o rende impossibile il prosieguo, ma prosegue inalterato. Ecco perché nella sequenza √a x 0 + 1 – 0/0 = √a
il √a x 0 rimane inalterato. E adesso concludiamo con 0/0= 1.
La divisione zero diviso zero [0÷ 0] è impossibile, perché qualsiasi numero moltiplicato per zero darebbe zero [n x 0 = 0], quindi non esisterebbe un'unica soluzione, mentre una operazione matematica deve avere una risposta unica.
Il primo a fare la divisione dello zero è stato Brahmagupta: zero diviso zero è zero. Questo viene considerato come l’errore di Brahmagupta. Eppure, se scriviamo la sequenza: 0 + 0 = 0; 0 - 0 = 0; 0 x 0 = 0; ..., nel proporla come un quiz, chi è che non scrive il quarto termine 0 ÷ 0 = 0? Si obietta se n x 0 = 0, allora 0 ÷ 0 = n, come dire infiniti risultati. Quest’ultima obiezione, se rimossa, conduce alla scelta del risultato, che nelle operazioni aritmetiche non si scopre, ma si presuppone. Perché 1 + 1 = 2, e non 1+1 = 1+1? È un capriccio poetico che merita 0 in matematica? Infatti, durante il compito in classe, il maestro grida: “Quando finirete di fare il pagliaccio!”
Due e due quattro
quattro e quattro otto
otto e otto fanno sedici...
Ripetete! Dice il maestro
Due e due quattro
quattro e quattro otto
otto e otto fanno sedici.
Ma ecco l'uccello-lira
che passa nel cielo
il bambino lo vede
il bambino l'ascolta
il bambino lo chiama:
Salvami
gioca con me
uccello!
Allora l'uccello discende
e gioca con il bambino
Due e due quattro...
Ripetete! Dice il maestro
e gioca il bambino
e l'uccello gioca con lui...
Quattro e quattro otto
otto e otto fan sedici
e sedici e sedici che fanno?
Niente fanno sedici e sedici
e soprattutto non fanno trentadue
in ogni modo se ne vanno.
E il bambino ha nascosto l'uccello
nel suo banco
e tutti i bambini
ascoltano la sua canzone
e tutti i bambini
ascoltano la musica
e otto e otto a loro volta se ne vanno
e quattro e quattro e due e due
a loro volta abbandonano il campo
e uno e uno non fanno né uno né due
uno a uno egualmente se ne vanno.
E gioca l'uccello-lira
e il bambino canta
e il professore grida:
Quando finirete di fare il pagliaccio!
Ma tutti gli altri bambini
ascoltano la musica
e i muri della classe
tranquillamente crollano.
E i vetri diventano sabbia
l'inchiostro ritorna acqua
i banchi ritornano alberi
il gesso ridiventa scoglio
la penna ridiventa uccello.
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