MOLTIPLICAZIONI MENTALI Lezione di scrittura creativa, argomentando sull’elaborazione notturna del seguito del racconto “Un giorno luce”.
PRIMO RISVEGLIO A che ora ti sei svegliato? – Dovevano essere le due circa. – A che ora sei andato a dormire? – Credo alle ventidue e trenta. – Quindi: [24,00 – 22,30 + 02,00 = 03,30]. – No: [(24,00 – 22,30) + 02,00]; quindi [01,30 + 02,00 = 03,30]. – E io che cosa ho detto? – Non hai usato le parentesi tonde. – E allora? – Allora [24,00 – 22 ,30 + 02,00 = 24,00 – (22,30 + 02,00) = 24,00 – 24,30 = - 00,30]. – E questo perché hai usato le parentesi tonde! – Quindi, secondo questo tuo calcolo, io avrei dormito, stando sveglio per 30 minuti? – La matematica non è un’opinione, e comunque hai calcolato tu, e non io. – Andiamo a consultare le fonti. – Dove? – Sul web. – Facciamo un copia e incolla. – Va bene. Eccolo: “AI Overview. Calcolo dell'espressione. Viene eseguita la sottrazione tra 24 e 22,30. Il risultato è 1,7. Viene eseguita l'addizione tra il risultato del passaggio precedente e 2. Il risultato è 3,7. Risultato finale. Il risultato dell'espressione è 3,7.” – AI Overwiew sta per Artificial Intelligence Overrwiew? – Sì, Supervisione Intelligenza Artificiale? – Mi stai dicendo che questo è il calcolo aritmetico della IA? – Sì. – O sei impazzito tu oppure è impazzita la IA. – Ti vengo in aiuto. – Il copia e incolla conteneva una Nota. – Quale? – Approfondisci in AI Mode. Le risposte dell'AI potrebbero contenere errori. Le risposte potrebbero essere imprecise o fuorvianti. Verifica l'accuratezza. – Sai una cosa? – Eh? – La IA non ha affatto sbagliato il calcolo. – E perché? – Tu quale operazione hai proposto? – Questa: 24 –22,30 +2. – E quanto fa? – Boh! Mi gira la testa. – Fa esattamente quanto dice la IA: 24 -22,30 = 1,7; 1,7 + 2=3,7. – Ho scoperto che tu sei un essere intelligente artificiale. – In che senso? – Sei molto intelligente e molto artificiale. – Siamo finiti in un mare di… come dire? – Come dire? – Un mare di … calcoli sbagliati. – Ah, ecco! – Dobbiamo chiedere soccorso. – Manda un SOS, forse da “lassù” un qualcuno può inviarci un segnale d’aiuto “quaggiù”. – Va bene: esse o esse. – Questo è il problema!
– Ehi, voi due? – Eccoci, signore. – Io non sono “un qualcuno”. – E allora siete un qualcun altro. – Avete proprio ragione. – Zi’ Nicola, a proposito, auguri per buon onomastico fatto a Santa Klaus. – No, vi sbagliate, fate confusione. – Come? – Santa Claus (o Babbo Natale) è una figura leggendaria che porta doni ai bambini, ma le sue origini risalgono a San Nicola, un vescovo del IV secolo noto per la sua generosità, la cui figura si è fusa con leggende pagane invernali e tradizioni nordiche (come il Sinterklaas olandese), evolvendo nell'iconico vecchietto barbuto con abiti rossi, reso famoso in America e nel mondo moderno anche grazie a campagne pubblicitarie. – Di nuovo la IA. – Bisogna saperla interrogare. – Come? – Ricordate il Bengala verde? – “Le voci di dentro” di Eduardo? – Sì, il vecchietto in soffitta (lassù). – Ah, sì! – Nella commedia, il personaggio di zio Nicola (Zi' Nicola) comunica esclusivamente tramite fuochi d'artificio, avendo perso la fiducia nel linguaggio verbale e negli esseri umani. Prima di morire, accende un bengala verde. – E quindi? – Avete confuso il calcolo sessagesimale, quello delle ore in sessantesimi, con il calcolo decimale. – E le parentesi tonde? – Devo spiegare pure le operazioni con le parentesi? – Sì, in sintesi. – Per dare la priorità, in operazioni in sequenza, bisogna usare le parentesi, nel nostro caso (calcolo sessagesimale): 24,00 – 22 ,30 + 02,00 = (24,00 – 22,30) + 02,00 = 01,30 + 02,00 = 03,30. – Manca qualcosa? – Che cosa? – I venti minuti (3,7) di sonno della IA. – Veramente così sono quaranta. – So che combiniamo il sessagesimale con il decimale, ma vado a farmi una dormita, e non so se di venti o quaranta minuti, ne parliamo dopo. – Va bene. – Buona notte.
SECONDO RISVEGLIO Buon giorno. – Dormito bene. – Sì un paio d’ore. – Vogliamo essere più precisi. – Non in senso strettamente aritmetico (aritmetico sta per matematico) [1]. – E come? – Alla buona. – Una precisione approssimativamente precisa. [2] – Alle cinque sono andato a dormire, ho stentato a riprendere sonno, poi mi sono svegliato alle sette circa, quindi ho dormito un’ora è mezzo circa. – Quindi tre ore e mezzo più un’ora e mezzo, cinque ore. – Certo. – Data la tua età, non c’è male. – E adesso parliamo… – Un attimo! – Che cosa? – Che cosa hai sognato? – Tu lo sai, e vuoi che lo faccia sapere anche agli altri? – Sì. – Non li annoierò, e quindi il sogno lo racconto un’altra volta. [3] – Una sintesi. – Va bene. “Saliva di corsa la scalinata ed entrava in una chiesa, per non perdere la messa vespertina [4] ed ero io che salivo di corsa la scalinata del centro commerciale. – Quando? – Vent’anni fa. – Ah! Ecco. – Andiamo avanti? – Sì, il senso del sogno è che avevi perso lo smalto di vent’anni fa. – Sì, più o meno. – Ed eri anche tu quello che saliva di corsa le scale per entrare in chiesa. – Non proprio, proprio no, ma il seminarista, di cui poi ti spiego, un attuale teologo. – Quindi poi mi spiegherai il sogno del seminarista. [5] – Va bene. – Allora, come ti sei svegliato, sei venuto a scrivere la seconda parte del soliloquio. – Sì, quella che propriamente doveva essere la prima, poi abbiamo divagato, e alla fine sono andato completare la dormita. – Allora, parla di quello che dovevi dire prima, e che verosimilmente ti sei ripassato poco fa. – Certo, si tratta di quanto anticipato nel titolo [6]. – Lezione di scrittura creativa, argomentando sull’elaborazione notturna del seguito del racconto “Un giorno luce”. – Esatto. – E quindi? – Quando mi sono svegliato alle due, dopo il primo sonno, senza sogni, ho cominciato a calcolare mentalmente la moltiplicazione: 969 x 984. – Accipicchia! Ci hai impiegato più di un’ora. – Perché? – Se alle cinque sei andato a dormire per il secondo sonno, quello con il sogno del seminarista, vuol dire che tra le due e le cinque sei stato sveglio. – Diciamo di sì. – E per la stesura e l’elaborazione del testo della prima parte del soliloquio, hai impiegato all’incirca un’ora, un’ora e mezzo. – Sì, ho perso lo smalto di vent’anni fa, ricordiamolo, per chi si fosse messo in ascolto in questo momento (Nicolò Carosio), sono un ottuagenario. – Come dire che a sessant’anni, eri giovane? – Sì, secondo la teoria della relatività coniugata con la meccanica quantistica, sono la stessa cosa, come poi spieghiamo [7].
– Vai avanti. – Poi ci sei anche tu che mi fai perdere tempo, tu sei l’anima [8], più il tempo per la consultazione delle fonti, quando intervengono argomenti incidentali, come ad esempio gli otto congelati in Nota fino ad ora. – E la pausa caffè. – Sì, quella utile per svegliarsi e poi riaddormentarsi [9]. – In definitiva, diciamo che mi stai dicendo che sei stato sveglio al computer quasi due ore, e che quindi hai impiegato un’ora per trovare il risultato della moltiplicazione. – Sì, forse un po' più di un’ora, senza contare le interferenze di altri pensieri [10] o altri tentativi di riprendere sonno, mettendo in pausa il calcolo mentale. – A proposito, poi hai controllato se il tuo risultato era giusto? – E qui dovrei fare una precisazione, sulla ricerca e correzione degli errori, che sono quelli che impegnano per la maggior parte del tempo, anche ore. – Addirittura! – Sì, poi ne parliamo meglio. [11] – Insomma, il risultato era giusto? – Esatto, non esattissimo. – Come? – Confronta nota [11]. – Ma se non l’hai ancora scritta. – Va bene, ripercorriamo insieme il mio calcolo. – Ecco. – Scrivo i passaggi essenziali, senza le spiegazioni, che lascio al tuo intuito. – Certo. – Allora, 969 x 984 = 969 x 1.000 – (969 x 16) = 969.000 – [1.000 x 16 – (16 x 31)] = 969.000 – (16.000 – 496) = 969.000 – 15.504 = 953.496. – Un minuto per scrivere l’operazione, un’ora per pensarla. – Esatto. – Non esattissimo? – No, confesso l’errore, e poi ti spiego perché lo confesso. – Quale errore? – Il mio risultato era 954.496, andavo di fretta, alla fine ho calcolato 969 – 15 = 954. – Errare humanum est. – L’errore fa parte della natura umana, per renderla vera, come dire che è falso non errare, anche se perseverare nell’errore, dopo averne preso coscienza, fa scivolare nel diabolico. – Perseverare autem diabolicum. – E la matematica è diabolica. – Come? – Nella matematica non c’è verità, ma certezza, nel senso di esattezza, e questo merita un discorso a parte, che faremo domani. – Per oggi, abbiamo detto quanto basta. – Ma come? – Il tempo è scaduto. – In che senso? – È precipitato nel baratro di luce, dove precipita tutto il presente. – Non in un buco nero, oltre l’orizzonte degli eventi? – Sì, ne parliamo domani. – Ciao.
‘Kde domov muj’? ‘Dov’è la mia patria?’ Non è un inno di guerra, non auspica la rovina di nessuno, canta senza retorica il paesaggio della Boemia con i suoi colli e pendii, le pianure e le betulle, i pascoli e i tigli ombrosi, i piccoli ruscelli. Canta il paese dove siamo a casa nostra, è stato bello difendere questa terra, bello amare la nostra patria (Milena Jesenskà)
Copenaghen
Bruxelles Louiza
“Dobbiamo pensare che ciascuno di noi, esseri viventi, è come una prodigiosa marionetta realizzata dalla divinità, per gioco o per uno scopo serio, questo non lo sappiamo." (Platone, Leggi, 1, 644e)
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MOLTIPLICAZIONI MENTALI
Lezione di scrittura creativa, argomentando sull’elaborazione notturna del seguito del racconto “Un giorno luce”.
PRIMO RISVEGLIO
A che ora ti sei svegliato? – Dovevano essere le due circa. – A che ora sei andato a dormire? – Credo alle ventidue e trenta. – Quindi: [24,00 – 22,30 + 02,00 = 03,30]. – No: [(24,00 – 22,30) + 02,00]; quindi [01,30 + 02,00 = 03,30]. – E io che cosa ho detto? – Non hai usato le parentesi tonde. – E allora? – Allora [24,00 – 22 ,30 + 02,00 = 24,00 – (22,30 + 02,00) = 24,00 – 24,30 = - 00,30]. – E questo perché hai usato le parentesi tonde! – Quindi, secondo questo tuo calcolo, io avrei dormito, stando sveglio per 30 minuti? – La matematica non è un’opinione, e comunque hai calcolato tu, e non io. – Andiamo a consultare le fonti. – Dove? – Sul web. – Facciamo un copia e incolla. – Va bene. Eccolo: “AI Overview. Calcolo dell'espressione. Viene eseguita la sottrazione tra 24 e 22,30. Il risultato è 1,7. Viene eseguita l'addizione tra il risultato del passaggio precedente e 2. Il risultato è 3,7. Risultato finale. Il risultato dell'espressione è 3,7.” – AI Overwiew sta per Artificial Intelligence Overrwiew? – Sì, Supervisione Intelligenza Artificiale? – Mi stai dicendo che questo è il calcolo aritmetico della IA? – Sì. – O sei impazzito tu oppure è impazzita la IA. – Ti vengo in aiuto. – Il copia e incolla conteneva una Nota. – Quale? – Approfondisci in AI Mode. Le risposte dell'AI potrebbero contenere errori. Le risposte potrebbero essere imprecise o fuorvianti. Verifica l'accuratezza. – Sai una cosa? – Eh? – La IA non ha affatto sbagliato il calcolo. – E perché? – Tu quale operazione hai proposto? – Questa: 24 –22,30 +2. – E quanto fa? – Boh! Mi gira la testa. – Fa esattamente quanto dice la IA: 24 -22,30 = 1,7; 1,7 + 2=3,7. – Ho scoperto che tu sei un essere intelligente artificiale. – In che senso? – Sei molto intelligente e molto artificiale. – Siamo finiti in un mare di… come dire? – Come dire? – Un mare di … calcoli sbagliati. – Ah, ecco! – Dobbiamo chiedere soccorso. – Manda un SOS, forse da “lassù” un qualcuno può inviarci un segnale d’aiuto “quaggiù”. – Va bene: esse o esse. – Questo è il problema!
– Ehi, voi due? – Eccoci, signore. – Io non sono “un qualcuno”. – E allora siete un qualcun altro. – Avete proprio ragione. – Zi’ Nicola, a proposito, auguri per buon onomastico fatto a Santa Klaus. – No, vi sbagliate, fate confusione. – Come? – Santa Claus (o Babbo Natale) è una figura leggendaria che porta doni ai bambini, ma le sue origini risalgono a San Nicola, un vescovo del IV secolo noto per la sua generosità, la cui figura si è fusa con leggende pagane invernali e tradizioni nordiche (come il Sinterklaas olandese), evolvendo nell'iconico vecchietto barbuto con abiti rossi, reso famoso in America e nel mondo moderno anche grazie a campagne pubblicitarie. – Di nuovo la IA. – Bisogna saperla interrogare. – Come? – Ricordate il Bengala verde? – “Le voci di dentro” di Eduardo? – Sì, il vecchietto in soffitta (lassù). – Ah, sì! – Nella commedia, il personaggio di zio Nicola (Zi' Nicola) comunica esclusivamente tramite fuochi d'artificio, avendo perso la fiducia nel linguaggio verbale e negli esseri umani. Prima di morire, accende un bengala verde. – E quindi? – Avete confuso il calcolo sessagesimale, quello delle ore in sessantesimi, con il calcolo decimale. – E le parentesi tonde? – Devo spiegare pure le operazioni con le parentesi? – Sì, in sintesi. – Per dare la priorità, in operazioni in sequenza, bisogna usare le parentesi, nel nostro caso (calcolo sessagesimale): 24,00 – 22 ,30 + 02,00 = (24,00 – 22,30) + 02,00 = 01,30 + 02,00 = 03,30. – Manca qualcosa? – Che cosa? – I venti minuti (3,7) di sonno della IA. – Veramente così sono quaranta. – So che combiniamo il sessagesimale con il decimale, ma vado a farmi una dormita, e non so se di venti o quaranta minuti, ne parliamo dopo. – Va bene. – Buona notte.
SECONDO RISVEGLIO
Buon giorno. – Dormito bene. – Sì un paio d’ore. – Vogliamo essere più precisi. – Non in senso strettamente aritmetico (aritmetico sta per matematico) [1]. – E come? – Alla buona. – Una precisione approssimativamente precisa. [2] – Alle cinque sono andato a dormire, ho stentato a riprendere sonno, poi mi sono svegliato alle sette circa, quindi ho dormito un’ora è mezzo circa. – Quindi tre ore e mezzo più un’ora e mezzo, cinque ore. – Certo. – Data la tua età, non c’è male. – E adesso parliamo… – Un attimo! – Che cosa? – Che cosa hai sognato? – Tu lo sai, e vuoi che lo faccia sapere anche agli altri? – Sì. – Non li annoierò, e quindi il sogno lo racconto un’altra volta. [3] – Una sintesi. – Va bene. “Saliva di corsa la scalinata ed entrava in una chiesa, per non perdere la messa vespertina [4] ed ero io che salivo di corsa la scalinata del centro commerciale. – Quando? – Vent’anni fa. – Ah! Ecco. – Andiamo avanti? – Sì, il senso del sogno è che avevi perso lo smalto di vent’anni fa. – Sì, più o meno. – Ed eri anche tu quello che saliva di corsa le scale per entrare in chiesa. – Non proprio, proprio no, ma il seminarista, di cui poi ti spiego, un attuale teologo. – Quindi poi mi spiegherai il sogno del seminarista. [5] – Va bene. – Allora, come ti sei svegliato, sei venuto a scrivere la seconda parte del soliloquio. – Sì, quella che propriamente doveva essere la prima, poi abbiamo divagato, e alla fine sono andato completare la dormita. – Allora, parla di quello che dovevi dire prima, e che verosimilmente ti sei ripassato poco fa. – Certo, si tratta di quanto anticipato nel titolo [6]. – Lezione di scrittura creativa, argomentando sull’elaborazione notturna del seguito del racconto “Un giorno luce”. – Esatto. – E quindi? – Quando mi sono svegliato alle due, dopo il primo sonno, senza sogni, ho cominciato a calcolare mentalmente la moltiplicazione: 969 x 984. – Accipicchia! Ci hai impiegato più di un’ora. – Perché? – Se alle cinque sei andato a dormire per il secondo sonno, quello con il sogno del seminarista, vuol dire che tra le due e le cinque sei stato sveglio. – Diciamo di sì. – E per la stesura e l’elaborazione del testo della prima parte del soliloquio, hai impiegato all’incirca un’ora, un’ora e mezzo. – Sì, ho perso lo smalto di vent’anni fa, ricordiamolo, per chi si fosse messo in ascolto in questo momento (Nicolò Carosio), sono un ottuagenario. – Come dire che a sessant’anni, eri giovane? – Sì, secondo la teoria della relatività coniugata con la meccanica quantistica, sono la stessa cosa, come poi spieghiamo [7].
– Vai avanti. – Poi ci sei anche tu che mi fai perdere tempo, tu sei l’anima [8], più il tempo per la consultazione delle fonti, quando intervengono argomenti incidentali, come ad esempio gli otto congelati in Nota fino ad ora. – E la pausa caffè. – Sì, quella utile per svegliarsi e poi riaddormentarsi [9]. – In definitiva, diciamo che mi stai dicendo che sei stato sveglio al computer quasi due ore, e che quindi hai impiegato un’ora per trovare il risultato della moltiplicazione. – Sì, forse un po' più di un’ora, senza contare le interferenze di altri pensieri [10] o altri tentativi di riprendere sonno, mettendo in pausa il calcolo mentale. – A proposito, poi hai controllato se il tuo risultato era giusto? – E qui dovrei fare una precisazione, sulla ricerca e correzione degli errori, che sono quelli che impegnano per la maggior parte del tempo, anche ore. – Addirittura! – Sì, poi ne parliamo meglio. [11] – Insomma, il risultato era giusto? – Esatto, non esattissimo. – Come? – Confronta nota [11]. – Ma se non l’hai ancora scritta. – Va bene, ripercorriamo insieme il mio calcolo. – Ecco. – Scrivo i passaggi essenziali, senza le spiegazioni, che lascio al tuo intuito. – Certo. – Allora, 969 x 984 = 969 x 1.000 – (969 x 16) = 969.000 – [1.000 x 16 – (16 x 31)] = 969.000 – (16.000 – 496) = 969.000 – 15.504 = 953.496. – Un minuto per scrivere l’operazione, un’ora per pensarla. – Esatto. – Non esattissimo? – No, confesso l’errore, e poi ti spiego perché lo confesso. – Quale errore? – Il mio risultato era 954.496, andavo di fretta, alla fine ho calcolato 969 – 15 = 954. – Errare humanum est. – L’errore fa parte della natura umana, per renderla vera, come dire che è falso non errare, anche se perseverare nell’errore, dopo averne preso coscienza, fa scivolare nel diabolico. – Perseverare autem diabolicum. – E la matematica è diabolica. – Come? – Nella matematica non c’è verità, ma certezza, nel senso di esattezza, e questo merita un discorso a parte, che faremo domani. – Per oggi, abbiamo detto quanto basta. – Ma come? – Il tempo è scaduto. – In che senso? – È precipitato nel baratro di luce, dove precipita tutto il presente. – Non in un buco nero, oltre l’orizzonte degli eventi? – Sì, ne parliamo domani. – Ciao.
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