domenica 6 aprile 2025

 

          Poesie sulla Luna



2 commenti:

Silvio Minieri ha detto...

LUNA BLANCA DE FEBRERO
A Ignacia Álvarez de Luján

Luna blanca de febrero
Voces de la tarde sombras en el parque
Sonidos ilusorios de memoria vana
Luna en la oscuridad discreta brillante
En vacíos oscuros caminas en silencio
Noche húmeda y profunda
Luna íntima necesaria
A primera hora del amanecer
En el cielo oscuro y brillante
Luna blanca brillante
Luces del parque en el jardín oscuro
El escape de las sombras persigue la mañana
Casas de terracota esmaltada en rojo
Rojo brillante de las fachadas
El sol sale a la segunda hora
Rojo ladrillo de los edificios
En el alto azul claro y límpido
Luna plateada transparente
Luz del día radiante
Luna desvanecida entre nubes blancas
Su huella no descifrada ha desaparecido

Fernando Pérez de Palacio
Buenos Aires, 30 de febrero de 2025


LUNA BIANCA DI FEBBRAIO
a Ignacia Álvarez de Luján

Luna bianca di febbraio
Voci di sera ombre nel parco
Suoni illusori di vana memoria
Luna nel buio discreta brillante
In vuoti oscuri passi in silenzio
Umida notte profonda
Luna intima necessaria
Alla prima hora dell’alba
Nel cielo scuro splendente
luminosa Luna bianca
Luci del parco nel buio giardino
Fuga di ombre insegue il mattino
Rosso smaltato il cotto di case
Rosso acceso delle facciate
Sorge il sole all’hora seconda
Rosso mattone dei caseggiati
Nell’alto terso limpido azzurro
Luna argentea trasparente
Irraggiante luce del giorno
Luna sbiadita tra nuvole bianche
Svanita l’impronta sua indecifrata

Fernando Pérez de Palacio
Buenos Aires, 30 febbraio 2025

Traduzione italiana a cura di Mariella Savarani

Silvio Minieri ha detto...

PREGHIERA ALLA LUNA

Iside ineffabile, Tu che percorri
gli eterni sentieri del silenzio
e che dall'infinita lontananza
della Tua insondabile giovinezza
vegli sul riposo delle nostre notti mortali,
volgi il Tuo imperscrutabile sguardo
all'irrequietudine dei miei affanni,
per placare l'orrore della mia solitudine!
Salvami dal vuoto
di questa disperazione senza fine,
sciogliendomi dall'angoscia della colpa
e sollevandomi dalla caduta,
ed accoglimi nella Tua luce divina,
Tu che da sempre
Ti muovi al di sopra di ogni abisso,
donde eternamente vai!
Divina Selene, discendente di Eurimone,
la Dea del Tutto, che all'inizio
si avvolse nuda col Vento del Nord
e depose nel grembo dell'Oscurità
l'Uovo d'argento, da cui schiudendosi
nacque Fanete, l'ermafrodito dalle ali d'oro,
che diede origine all'Universo e a Tutte le Cose,
orfica Luna, io Ti prego
dalla mia condizione mortale,
abbracciato all'umida Terra,
di sollevarmi fino a Te,
alla tua uranica bellezza.
Tu, gelida Luna, che nel corso
del Tuo cammino perenne
governi dall'alto
della Tua suprema indifferenza
tutte le cose mortali,
specchiate nell'imperturbabilità
del Tuo volto misterioso,
ascolta il sospiro del mio essere
nudo avvinghiato alle viscere
della Grande Madre.
Non allontanare
il Tuo olimpico sguardo,
nella notte profonda,
dal battito del mio cuore mortale,
che invoca il Tuo divino conforto
ed implora, Luna splendente,
la consolazione
della Tua inaccostabile giovinezza.
Affondato nel ventre molle
della Terra Madre,
su cui inorridito giaccio madarós [1]
madido, inzuppato d'umore materno
nel lordo connubio con la materia,
che insudicia l'umana bassezza
della mia condizione,
io Ti prego di sollevarmi
fino alle irraggiungibili altezze
del Tuo intatto splendore.
Il silenzio della Luna,
che passa tra le nuvole,
rivelando l'indifferenza
del volto imperscrutabile,
chiude la mia preghiera.

Lafleur, Briançon, 30 febbraio 2005

[1] “Oltre al simbolismo del vaso, che come il grembo materno contiene l’oscurità primitiva, il cielo notturno generatore, la forza ctonia (Terra, Khtón), capace di dare alla luce, la Grande madre viene rappresentata anche come albero della vita, che saldamente piantato con le sue radici nella terra che lo nutre, s’innalza verso l’alto, e con i suoi rami e le sue foglie, genera quell’ombra protettiva, dove la materia vivente trova il suo rifugio. Non a caso la parola madera (legno) ha parentele con “madre”, “materia”, a cui pure si connette il greco madarós (umido, inzuppato) e il latino madidus (madido, bagnato). (Umberto Galimberti, “Le origini del pensiero greco”, “Storia del pensiero occidentale”, Volume I, Curcio Editore, Roma.