lunedì 1 settembre 2025

 

           La follia e la morte


4 commenti:

Silvio Minieri ha detto...

LA FOLLIA E LA MORTE
Estratti dall’opera di Michel Foucault: “Storia della follia nell’età classica.”

LA NAVE DEI FOLLI
"Un nuovo oggetto fa la sua apparizione nel paesaggio immaginario del Rinascimento; ben presto occuperà in esso un posto privilegiato: è la "Nave dei folli", strano battello ubriaco che fila lungo i fiumi della Renania e i canali fiamminghi.
Il Narrenschiff è evidentemente una creazione letteraria, presa in prestito dal vecchio ciclo degli Argonauti, che ha recentemente ripreso vita e gioventù. [...] È di moda immaginare queste navi, il cui equipaggio di eroi immaginari, di modelli etici o di tipi sociali s'imbarca per un gran viaggio simbolico, che fornisce loro se non la fortuna, almeno la fisionomia del loro destino o della loro verità. [...] Ma di tutti questi vascelli romanzeschi o satirici, il Narrenschiff è il solo che abbia avuto un'esistenza reale, perché sono esistiti questi battelli che trasportavano il loro carico insensato da una città all'altra. I folli allora avevano spesso un'esistenza vagabonda. Volentieri le città li cacciavano dalle loro cerchie. […] Accadeva spesso che venissero affidati a battellieri […] Talvolta i marinai gettavano a terra questi passeggeri scomodi ancor prima di quando avevano promesso […] Non è facile ricuperare il significato preciso di questa usanza. Si può pensare che si tratti di una misura generale di rinvio con cui le municipalità colpiscono i folli in stato di vagabondaggio; ipotesi che non può chiarire i fatti da sola […] Il fatto è che questa circolazione di folli, il gesto che li scaccia, la loro partenza e il loro imbarco non possono venire spiegati solo con l’utilità sociale o con la sicurezza dei cittadini. Altri significati più vicini al rito erano certamente presenti ed è ancora possibile decifrarne alcune tracce. È per questo che l’accesso alle chiese è vietato ai folli […] Accadeva che certi insensati fossero frustati pubblicamente e che durante una specie di giuoco fossero poi inseguiti in una corsa simulata e cacciati dalla città a colpi di verga. Tutte prove che la partenza dei pazzi si inscriveva nel numero di altri esili rituali.”

Silvio Minieri ha detto...

L’ACQUA E LA FOLLIA
“Si comprende meglio allora la curiosa ricchezza di significato che si accumula sulla navigazione dei folli e che indubbiamente le conferisce il suo prestigio. Da un lato non bisogna contestare la sua efficacia pratica: affidare il folle ai marinai significa evitare certamente che si aggiri senza meta sotto le mura della città, assicurarsi che andrà lontano, renderlo prigioniero della sua stessa partenza. Ma a tutto questo l’acqua aggiunge la massa oscura dei suoi valori particolari; essa porta via, ma fa ancor più: essa purifica; e inoltre la navigazione abbandona l’uomo all’incertezza della sorte; là ognuno è affidato al suo destino, ogni imbarco è potenzialmente l’ultimo. È per l’altro mondo che parte il folle a bordo della sua folle navicella; è dall’altro mondo che arriva quando sbarca. Questa navigazione del pazzo è nello stesso tempo la separazione rigorosa e l’assoluto Passaggio. In un certo senso, essa non fa che sviluppare, lungo tutta una geografia semi-reale e semi-immaginaria, la situazione liminare del folle all’orizzonte dell’inquietudine dell’uomo medievale; situazione insieme simbolizzata e realizzata dal privilegio che ha il folle di essere rinchiuso alle porte della città: la sua esclusione deve racchiuderlo; se egli non può e non deve avere altra prigione che la soglia stessa, lo si trattiene sul luogo di passaggio. È posto all’interno dell’esterno e viceversa. Posizione altamente simbolica, che resterà senza dubbio sua fino ai nostri giorni, qualora si ammetta che ciò che fu un tempo la fortezza visibile dell’ordine è diventato ora il castello della nostra coscienza.
L’acqua e la navigazione hanno davvero questo significato. Prigioniero della nave da cui non evade, il folle viene affidato al fiume dalle mille braccia, al mare dalle mille strade, a questa grande incertezza esteriore a tutto. Egli è prigioniero in mezzo alla più libera, alla più aperta delle strade: solidamente incatenato all’infinito crocevia. È il Passeggero per eccellenza, cioè il prigioniero del Passaggio. E non si conosce il paese al quale approderà, come quando mette piede a terra, non si sa da quale paese venga. Egli non ha verità né patria se non in questa difesa infeconda fra due terre che non possono appartenergli. È questo il rituale, che a causa di questi valori, è all’origine della lunga parentela immaginaria che si può constatare lungo tutta la cultura occidentale? O al contrario, è questa parentela che dal fondo dei tempi ha evocato e poi fissato il rito dell’imbarco? Una cosa almeno è certa: l’acqua e la follia sono legate per lungo tempo nei sogni dell’uomo europeo.”

Silvio Minieri ha detto...

IL GHIGNO DELLO SCHELETRO
“Ma se la navigazione dei folli ricollega l’immaginazione occidentale a tanti motivi immemoriali, perché dunque, verso il XV secolo, questa improvvisa formulazione del tema nella letteratura e nell’iconografia? Perché si vede sorgere d’un tratto la sagoma della nave dei folli e il suo equipaggio insensato, che invade i paesaggi più familiari? Perché dalla vecchia alleanza dell’acqua con la follia è nata un giorno, e proprio in quel giorno, questa barca? Il fatto è che essa simbolizza un’inquietudine, apparsa improvvisamente all’orizzonte della cultura europea verso la fine del Medioevo.
Fino alla seconda metà del XV secolo, o ancora un po' oltre, il tema della morte regna da solo. La fine dell’uomo, la fine dei tempi prendono l’aspetto delle pesti e delle guerre. Questa conclusione e quest’ordine, ai quali nessuno sfugge, dominano l’esistenza umana. La presenza che minaccia all’interno stesso del mondo è una presenza scarnita. Ed ecco che negli ultimi anni del secolo questa grande inquietudine gira su sé stessa; la derisione della follia prende il posto della morte e della sua serietà. Dalla scoperta di quella necessità che fatalmente riduceva l’uomo a niente si è passati alla contemplazione sprezzante di questo nulla che è l’esistenza stessa.
Il terrore di fronte a questo limite assoluto della morte si interiorizza in una continua ironia; lo si disarma in anticipo, lo si rende esso stesso derisorio, dandogli una forma quotidiana e dominata, rinnovandolo a ogni istante nello spettacolo della vita, disseminandolo nei vizi, le stranezze e il ridicolo di ognuno. L’annientamento della morte non è più niente perché era già tutto, poiché la vita non è essa stessa che fatuità, vane parole, strepito di sonagli e di scettri della follia. La testa che sarà cranio è già vuota. La follia è l’anticipo della morte, ma è anche la sua presenza sconfitta, schivata in questi indizi di ogni giorno, che annunciandone il regno, indicano nella sua preda un prossimo magro bottino. Ciò che la morte smaschera non è nient’altro che maschera; per scoprire il ghigno dello scheletro, è bastato sollevare qualcosa che non era né verità né bellezza, ma soltanto volto di gesso e d’orpello. Lo stesso sorriso si è trasmesso dalla maschera vana al cadavere. Ma quello che troviamo nel sorriso del folle è che egli ride in anticipo del riso della morte; è l’insensato, presagendo il macabro, l’ha disarmato.
La sostituzione del tema della follia a quello della morte non segna una rottura, ma piuttosto una torsione all’interno della stessa inquietudine. È sempre in causa il nulla dell’esistenza, ma questo nulla non è più considerato come termine esterno e finale, allo stesso tempo una minaccia e una conclusione; è sentito dall’interno, come la forma continua e costante dell’esistenza. E mentre un tempo la follia degli uomini consisteva nel non vedere che la morte si avvicinava, ora la saggezza consisterà nel denunciare dappertutto la follia, nell'insegnare agli uomini che essi ormai non sono niente di più che dei morti, e che se il termine è vicino, lo è nella misura in cui la follia, diventata universale, non sarà più che una sola cosa con la morte stessa.”

Silvio Minieri ha detto...

IMMAGINE
Frammento dell'affresco della Danse macabre (XV secolo) sito su una parete interna dell'Abbazia di Chaise-Dieu in Alvernia (Francia).