venerdì 14 giugno 2024

Soliloquio

 

         Il dolce presente (1)



1 commento:

Silvio Minieri ha detto...

IL DOLCE PRESENTE

LE CINQUE DEL MATTINO
(Il Soliloquio è iniziato alle tre del mattino, e qualche traccia riportata nel presente post è stata finita di tracciare alle cinque circa del mattino, donde il titolo del paragrafo del testo in elaborazione “Il dolce presente”)

Dove sei stato? – Fuori, perché? – Fuori, dove? – Fuori dove, e non perché? – Sì, fuori dove? – Nel luogo da dove vengo. – Quale luogo? – Quello vero. – Perché? Questo è un luogo finto? Non siamo veri, forse, noi? – Vedi che lo sai anche tu. – Adesso chiamo i nostri amici e vediamo. – Che cosa? – Venite voi! – Non vedo nessuno. – Mettiti gli occhiali, vedrai meglio, con misura, giusta misura. – Che cosa stai dicendo? – Te lo faccio dire con un copia e incolla da IA. – IA? – Ja. – Parli in tedesco? – Jawohl – Sì, certamente. – Alla lettera, sì del tutto. – E fuori dalla “lettera”? – Che cosa significa quel gesto con le dita, indice e medio delle mani piegati, con mossa lampeggiante, con cui hai accompagnato le tue parole? – “Lampeggiante”: bravo! – Vai avanti! – Certo, ma prima torno indietro a raccogliere la frase precedente. – L’hai raccolta? – Sì, era una domanda. – Rispondi. – Tra virgolette. – La “lettera” tra virgolette ti tradisce. – In che senso? – Poi ti spiego. – È meglio. – Quindi, posso dire che la traduzione di jawohl in linguaggio televisivo è questa: “Assolutamente sì!”. – Questo discorso mi sembra inconcludente. – Assolutamente sì! – Vai avanti, Narr! – Scemo? – No, buffone. – IA traduce: “scemo”. – Sbaglia. – Come? – Se per esempio traduceva “Narr” con “asino”, tu che dicevi? – “I-a, i-a.” – Il raglio dell’asino. – Poi spieghiamo. – C’è stata una confusione di ruoli tra te e me. – Non fa niente. – E allora? – Si tratta di un soliloquio. – Sì, ma in forma colloquiale. – Lasciamo perdere, e andiamo oltre Nietzsche, il raglio. – Arriviamo ad Heidegger. – Va bene. – “Orthotes (greco: ὀρθότης "giustezza") è un concetto definito da Martin Heidegger come "la correttezza dell'occhio" ovvero il passaggio dagli occhi fisici agli occhi dell'intelletto. [1] Nel suo saggio "La fine della filosofia e il compito del pensiero", Heidegger distingue "orthotes" dal suo concetto di " aletheia " ("non occultamento"), descrivendolo come "la correttezza delle rappresentazioni e delle affermazioni". – La nota [1]? – [1] “La dottrina della verità di Platone”. – Volevi farci sapere che avevi letto il saggio? – “I-a, i-a.”. – Eppure dobbiamo spiegare la storia del “Narr”? – Con Nietzsche ci divertiamo un’altra volta. – È impegnativo, vero? – Assolutamente! – Come? – Assolutamente sì! – Non facciamo come quel professore di scienze al liceo. – Spieghiamo l’aneddoto un’altra volta. – Piccolo ricordo autobiografico? – Certo, ma adesso dobbiamo correre. – Distinguiamo prima fra “te” e “me” e ricominciamo – Ricominciare, e poi? [cantato] – Che senso ha? [cantato] – Non ha senso. – Quindi concludiamo. – E il “dolce presente”? – È volato via. – No, è qui, con tutta la forza della sua presenza. – Come? – Adesso, giudice, facciamo una pausa, riprendiamo dopo. – Va bene. – La cantante era Mina. – Quella in immagine? – Sì, lei. – Beata gioventù!