[N. d. B.] Questo scritto si ricollega al post precedente del 23 marzo, "L'ironia romantica", paragrafo "Le figure del nulla", sul tema della Versöhnung.
La “Riconciliazione” Dalla Rivoluzione francese alla Riforma luterana, l’evoluzione del pensiero di Hegel.
Nella notte del 9 Termidoro (27 luglio 1794), una pattuglia della Guardia Nazionale, fedele alla Convenzione, fece irruzione nell’Hôtel de Ville, dove si era asserragliato Maximilien de Robespierre, assieme ai suoi fedelissimi. Nel corso dell’arresto, il gendarme Charles-André Merda sparò un colpo di pistola che fracassò la mascella di Robespierre. I chirurghi furono incaricati di bendargli la mascella rotta, per evitare che non potesse essere ghigliottinato perché infermo. Prima dell’esecuzione, in Place de la Révolution, gli fu tolta la fasciatura e la mascella fracassata si staccò dal volto, facendogli perdere copioso sangue. Ormai moribondo, il condannato fu giustiziato e la sua testa, come consuetudine, fu mostrata alla folla esultante per la fine del tiranno. Il corpo fu seppellito nella fossa comune del Cimitero degli Errancis e cosparso di calce viva. Con la morte di Robespierre ebbe fine il periodo della Rivoluzione francese del “Terrore” giacobino. L’avvenimento storico non poteva non influire sul pensiero di Hegel, in base alla sua convinzione che la storia pone dei limiti alla filosofia: “Ogni filosofia è quella della sua epoca, è un anello della catena dello sviluppo dello Spirito; essa non deve dunque soddisfare che gli interessi corrispondenti alla sua epoca… Bisogna tenere ferma quest’idea che non esiste che un solo spirito, un solo principio che si esprime nello stato politico così come si manifesta nella religione, l’arte, la moralità, i costumi sociali, il commercio e l’industria… La filosofia è identica allo spirito dell’epoca in cui appare; essa non è al di sopra, non è che la coscienza dei fatti sostanziali del suo tempo o ancora il sapere pensante di quello che accade nel tempo. Egualmente un individuo non è il signore del suo tempo, ne è il figlio; la sostanza di questo tempo è la sua propria essenza. Non bisogna fare altro che manifestarlo sotto una forma particolare. Un individuo non può affatto uscire dalla sostanza del suo tempo non meno che uscire dalla propria pelle. Così, dunque, dal punto di vista sostanziale, la filosofia non può andare oltre il suo tempo.” Così Hegel scrive nelle sue “Lezioni sulla storia della filosofia”.
Il 9 Termidoro, giorno di caduta della dittatura giacobina, rappresenta per Hegel il punto d’inizio di una revisione dei primi entusiasmi rivoluzionari. È una svolta decisiva del suo pensiero, il passaggio da una filosofia rivoluzionaria e negativa del mondo ad una “filosofia della riconciliazione”. Le ripercussioni in Germania della nuova politica del Direttorio e l’esportazione militare della Rivoluzione francese avevano posto il problema dell’unità nazionale tedesca. Storicamente, i principali avvenimenti interni della Germania provenivano da rovesciamenti esterni: la catastrofe della guerra dei Trenta Anni aveva fissato per un secolo e mezzo il destino del Paese rimasto smembrato, le guerre napoleoniche con la sconfitta di Jena (1806) avevano indotto la Prussia ad una profonda riforma interna. In questo periodo, Hegel cominciò a nutrire l’ambizione di “pensare la vita” nella sua grandiosa complessità, elevando la filosofia a livello di avvenimento spirituale nel divenire delle cose del mondo. Il compito della filosofia consiste nel realizzare il passaggio dal finito all’infinito, la fusione delle ambizioni spirituali con la realtà storica, la “riconciliazione del divino con il mondo”. Si tratta quindi di conciliare la libertà con la necessità, lo sforzo continuo d’integrare il dato storico, considerato come un momento evolutivo, nella totalità dello spirito. Per il fatto stesso che l’individuo, si tratti di un uomo o di un popolo, ha una realtà particolare, che non s’identifica astrattamente con il tutto, la sua vita comporta per necessità elementi irriducibili: il destino è la manifestazione particolare del tutto. Per non essere una unità astratta, vuota, per essere il tutto vivente, il tutto deve identificarsi in una molteplicità di realtà concrete: il Tutto è presente in ciascuna di esse, ma non si limita a nessuna di esse. Il finito si presenta all’interno dell’infinito, come uno dei suoi momenti. Così, ogni realtà particolare, ogni esperienza individuale è rivelazione dell’assoluto della vita irradiata nella molteplicità delle sue espressioni concrete. Quando nell’uomo la totalità prende coscienza di sé stessa, allora si delinea un movimento contrario di ritorno all’unità. Il dispiegamento del tutto nella diversità e il particolare è il movimento della vita. il movimento di ritorno attraverso cui l’individuo riprende in sé stesso il tutto è lo Spirito. “In opposizione alla molteplicità astratta di ciò che è morto, la vita si può denominare Spirito, perché lo Spirito è l’unità vivente del diverso.” Sono questi i pensieri del giovane Hegel, registrati nell’edizione critica dei suoi scritti giovanili, curata da Hermann Nohl. Lo sguardo di Hegel è ormai portato a vedere in ogni cosa la manifestazione dell’assoluto, e per lui, il compito della filosofia è quello di scoprire la loro verità, come dire il loro rapporto con il tutto.
Il cambiamento dello sguardo sul mondo, la “Riconciliazione” [1] tra finito e infinito, mistica o concettuale che sia, significa “riconciliazione” del pensiero con la realtà. Il principio di conciliare la filosofia con la realtà significa conciliare la filosofia dello Stato con la realtà politica. Non è solo una conciliazione, ma un vero e proprio aderire del tutto tra pensiero e realtà, ed in tale ottica si può comprendere l’affermazione, contenuta nella “Prefazione” ai “Lineamenti di filosofia del diritto”: “Tutto quel che è razionale è reale, tutto quel che è reale è razionale”. Ogni Stato esprime, per Hegel, lo spirito e il destino di un popolo determinato nella più vasta totalità organica della storia. Ogni popolo e ogni Stato è un momento dell’assoluto, un momento di dispiegamento della vita ovvero dell’Idea. Avendo compreso il mondo reale come conforme allo Spirito, la filosofia politica di Hegel è l’espressione dello Stato prussiano protestante. Essendo approfondimento del reale, infatti, la vera filosofia è comprensione del reale e dell’attuale, non già dell’ideale trascendente, un inesistente dover essere. Questa perfetta aderenza tra filosofia e realtà, nel campo religioso, si traduce nella sua fede protestante. Nel saggio “Da Hegel a Nietzsche. La frattura rivoluzionaria del secolo XIX”, Karl Löwith scrive: “Il protestantesimo di Hegel consiste nell’aver inteso il principio dello Spirito e quindi della libertà come lo sviluppo concettuale ed il compimento del principio di Lutero della certezza della fede. Egli identifica persino l’intendimento della ragione con la fede.” Per Hegel, dunque, la fede non è un fatto storico, ma un fenomeno originario: “Noi luterani, io sono e voglio rimanere tale, possediamo soltanto quella fede originaria.” In questa fede razionale, cosciente, che l’uomo è destinato alla libertà nel suo rapporto immediato con Dio, Hegel si riconosceva come protestante. Se quindi la Rivoluzione francese veniva salutata come il sollevamento dei cittadini in difesa della loro libertà contro lo Stato assoluto, la Riforma rappresentava la libertà delle coscienze individuali contro l’assolutezza della Chiesa di Roma. La “riconciliazione” è il movimento dialettico che riconcilia tra loro gli opposti, in politica, il cittadino con lo Stato, in filosofia (teologia), la realtà con Dio.
[1] Versöhnung, in teologia, significa “Redenzione”. Nella filosofia di Hegel e degli hegeliani, Versöhnung è la “Riconciliazione” dei contrari.
‘Kde domov muj’? ‘Dov’è la mia patria?’ Non è un inno di guerra, non auspica la rovina di nessuno, canta senza retorica il paesaggio della Boemia con i suoi colli e pendii, le pianure e le betulle, i pascoli e i tigli ombrosi, i piccoli ruscelli. Canta il paese dove siamo a casa nostra, è stato bello difendere questa terra, bello amare la nostra patria (Milena Jesenskà)
Copenaghen
Bruxelles Louiza
“Dobbiamo pensare che ciascuno di noi, esseri viventi, è come una prodigiosa marionetta realizzata dalla divinità, per gioco o per uno scopo serio, questo non lo sappiamo." (Platone, Leggi, 1, 644e)
5 commenti:
[N. d. B.]
Questo scritto si ricollega al post precedente del 23 marzo, "L'ironia romantica", paragrafo "Le figure del nulla", sul tema della Versöhnung.
La “Riconciliazione”
Dalla Rivoluzione francese alla Riforma luterana, l’evoluzione del pensiero di Hegel.
Nella notte del 9 Termidoro (27 luglio 1794), una pattuglia della Guardia Nazionale, fedele alla Convenzione, fece irruzione nell’Hôtel de Ville, dove si era asserragliato Maximilien de Robespierre, assieme ai suoi fedelissimi. Nel corso dell’arresto, il gendarme Charles-André Merda sparò un colpo di pistola che fracassò la mascella di Robespierre. I chirurghi furono incaricati di bendargli la mascella rotta, per evitare che non potesse essere ghigliottinato perché infermo. Prima dell’esecuzione, in Place de la Révolution, gli fu tolta la fasciatura e la mascella fracassata si staccò dal volto, facendogli perdere copioso sangue. Ormai moribondo, il condannato fu giustiziato e la sua testa, come consuetudine, fu mostrata alla folla esultante per la fine del tiranno. Il corpo fu seppellito nella fossa comune del Cimitero degli Errancis e cosparso di calce viva. Con la morte di Robespierre ebbe fine il periodo della Rivoluzione francese del “Terrore” giacobino.
L’avvenimento storico non poteva non influire sul pensiero di Hegel, in base alla sua convinzione che la storia pone dei limiti alla filosofia: “Ogni filosofia è quella della sua epoca, è un anello della catena dello sviluppo dello Spirito; essa non deve dunque soddisfare che gli interessi corrispondenti alla sua epoca… Bisogna tenere ferma quest’idea che non esiste che un solo spirito, un solo principio che si esprime nello stato politico così come si manifesta nella religione, l’arte, la moralità, i costumi sociali, il commercio e l’industria… La filosofia è identica allo spirito dell’epoca in cui appare; essa non è al di sopra, non è che la coscienza dei fatti sostanziali del suo tempo o ancora il sapere pensante di quello che accade nel tempo. Egualmente un individuo non è il signore del suo tempo, ne è il figlio; la sostanza di questo tempo è la sua propria essenza. Non bisogna fare altro che manifestarlo sotto una forma particolare. Un individuo non può affatto uscire dalla sostanza del suo tempo non meno che uscire dalla propria pelle. Così, dunque, dal punto di vista sostanziale, la filosofia non può andare oltre il suo tempo.” Così Hegel scrive nelle sue “Lezioni sulla storia della filosofia”.
Il 9 Termidoro, giorno di caduta della dittatura giacobina, rappresenta per Hegel il punto d’inizio di una revisione dei primi entusiasmi rivoluzionari. È una svolta decisiva del suo pensiero, il passaggio da una filosofia rivoluzionaria e negativa del mondo ad una “filosofia della riconciliazione”. Le ripercussioni in Germania della nuova politica del Direttorio e l’esportazione militare della Rivoluzione francese avevano posto il problema dell’unità nazionale tedesca. Storicamente, i principali avvenimenti interni della Germania provenivano da rovesciamenti esterni: la catastrofe della guerra dei Trenta Anni aveva fissato per un secolo e mezzo il destino del Paese rimasto smembrato, le guerre napoleoniche con la sconfitta di Jena (1806) avevano indotto la Prussia ad una profonda riforma interna.
In questo periodo, Hegel cominciò a nutrire l’ambizione di “pensare la vita” nella sua grandiosa complessità, elevando la filosofia a livello di avvenimento spirituale nel divenire delle cose del mondo. Il compito della filosofia consiste nel realizzare il passaggio dal finito all’infinito, la fusione delle ambizioni spirituali con la realtà storica, la “riconciliazione del divino con il mondo”.
Si tratta quindi di conciliare la libertà con la necessità, lo sforzo continuo d’integrare il dato storico, considerato come un momento evolutivo, nella totalità dello spirito. Per il fatto stesso che l’individuo, si tratti di un uomo o di un popolo, ha una realtà particolare, che non s’identifica astrattamente con il tutto, la sua vita comporta per necessità elementi irriducibili: il destino è la manifestazione particolare del tutto. Per non essere una unità astratta, vuota, per essere il tutto vivente, il tutto deve identificarsi in una molteplicità di realtà concrete: il Tutto è presente in ciascuna di esse, ma non si limita a nessuna di esse. Il finito si presenta all’interno dell’infinito, come uno dei suoi momenti. Così, ogni realtà particolare, ogni esperienza individuale è rivelazione dell’assoluto della vita irradiata nella molteplicità delle sue espressioni concrete. Quando nell’uomo la totalità prende coscienza di sé stessa, allora si delinea un movimento contrario di ritorno all’unità. Il dispiegamento del tutto nella diversità e il particolare è il movimento della vita. il movimento di ritorno attraverso cui l’individuo riprende in sé stesso il tutto è lo Spirito. “In opposizione alla molteplicità astratta di ciò che è morto, la vita si può denominare Spirito, perché lo Spirito è l’unità vivente del diverso.” Sono questi i pensieri del giovane Hegel, registrati nell’edizione critica dei suoi scritti giovanili, curata da Hermann Nohl. Lo sguardo di Hegel è ormai portato a vedere in ogni cosa la manifestazione dell’assoluto, e per lui, il compito della filosofia è quello di scoprire la loro verità, come dire il loro rapporto con il tutto.
Il cambiamento dello sguardo sul mondo, la “Riconciliazione” [1] tra finito e infinito, mistica o concettuale che sia, significa “riconciliazione” del pensiero con la realtà. Il principio di conciliare la filosofia con la realtà significa conciliare la filosofia dello Stato con la realtà politica. Non è solo una conciliazione, ma un vero e proprio aderire del tutto tra pensiero e realtà, ed in tale ottica si può comprendere l’affermazione, contenuta nella “Prefazione” ai “Lineamenti di filosofia del diritto”: “Tutto quel che è razionale è reale, tutto quel che è reale è razionale”.
Ogni Stato esprime, per Hegel, lo spirito e il destino di un popolo determinato nella più vasta totalità organica della storia. Ogni popolo e ogni Stato è un momento dell’assoluto, un momento di dispiegamento della vita ovvero dell’Idea. Avendo compreso il mondo reale come conforme allo Spirito, la filosofia politica di Hegel è l’espressione dello Stato prussiano protestante. Essendo approfondimento del reale, infatti, la vera filosofia è comprensione del reale e dell’attuale, non già dell’ideale trascendente, un inesistente dover essere.
Questa perfetta aderenza tra filosofia e realtà, nel campo religioso, si traduce nella sua fede protestante. Nel saggio “Da Hegel a Nietzsche. La frattura rivoluzionaria del secolo XIX”, Karl Löwith scrive: “Il protestantesimo di Hegel consiste nell’aver inteso il principio dello Spirito e quindi della libertà come lo sviluppo concettuale ed il compimento del principio di Lutero della certezza della fede. Egli identifica persino l’intendimento della ragione con la fede.” Per Hegel, dunque, la fede non è un fatto storico, ma un fenomeno originario: “Noi luterani, io sono e voglio rimanere tale, possediamo soltanto quella fede originaria.” In questa fede razionale, cosciente, che l’uomo è destinato alla libertà nel suo rapporto immediato con Dio, Hegel si riconosceva come protestante.
Se quindi la Rivoluzione francese veniva salutata come il sollevamento dei cittadini in difesa della loro libertà contro lo Stato assoluto, la Riforma rappresentava la libertà delle coscienze individuali contro l’assolutezza della Chiesa di Roma.
La “riconciliazione” è il movimento dialettico che riconcilia tra loro gli opposti, in politica, il cittadino con lo Stato, in filosofia (teologia), la realtà con Dio.
[1] Versöhnung, in teologia, significa “Redenzione”. Nella filosofia di Hegel e degli hegeliani, Versöhnung è la “Riconciliazione” dei contrari.
ERRATA CORRIGE
In relazione alla [N. d. B.], si precisa che si tratta del post del 22 e non del 23 marzo.
Posta un commento